Cronache

"L'Oms ci inviò alert sbalestrati". Il mistero sulla strage di Bergamo

L'Asl di Bergamo aveva un piano pandemico dal 2007. L'Ordine dei Medici: "Se applicato le cose sarebbero andate diversamente". Ma l'Ats punta il dito sull'Oms

"L'Oms ci inviò alert sbalestrati". Il mistero sulla strage di Bergamo

Si muove in sordina, come giusto che sia, l’inchiesta della procura di Bergamo sull’epidemia che ha messo in ginocchio la Val Seriana. Dopo i primi sussulti mediatici e le parole del pm Maria Cristina Rota sulla responsabilità del governo nel non aver disposto la zona rossa, l’obiettivo resta sempre lo stesso: capire se dietro l’alto numero di contagi ci siano responsabilità penali delle istituzioni nazionali, regionali o sanitarie. I fari restano ovviamente accesi anche sull’Ats bergamasca, presidio medico del sistema lombardo. Che dopo essere finito nell’occhio del ciclone ora si difende chiamando in causa l’Oms. Se qualcosa è andato storto, è il ragionamento, la colpa di chi ha inviato in giro per il mondo “una serie di alert sbalestrati” e informazioni “sbagliate” su come fronteggiare la pandemia.

Il piano pandemico del 2007

Il motivo dello scontro risiede nell’ultima rivelazione rilanciata ieri dall’Agi. Nel 2007 l’allora Asl di Bergamo, ora Ats, aveva infatti redatto un piano pandemico locale che prevedeva una serie di misure da prendere per evitare di trovarsi impreparati di fronte ad un'eventuale epidemia. Ma non lo avrebbe seguito. Il “documento per la gestione delle emergenze sanitarie in caso di pandemia influenzale”, segue quello realizzato a livello nazionale e poi regionale: ogni Asl, secondo quanto disposto 14 anni fa dalla Direzione Generale della Sanità lombarda, doveva avere un piano locale “finalizzato all’attuazione degli interventi secondo le priorità previste dal livello nazionale declinate nel documento regionale”. Così ha fatto Bergamo e così, probabilmente, anche altre aziende locali lombarde.

Secondo Giudo Marinoni, presidente dell’Ordine dei Medici bergamaschi, però, se le autorità “avessero applicato” il piano, allora "le cose sarebbero andate diversamente". Avrebbe evitato gli oltre 3mila morti della Bergamsca? Impossibile. Avrebbe diminuito contagi, lutti e terapie intensive? Difficile dirlo. Di certo male non avrebbe fatto. Il dossier di circa 40 pagine, spiega però l’Agi, contiene all’interno nominativi di riferimento di funzionari e dirigenti preposti all’attuazione del programma ormai in pensione. Come successo per il piano pandemico nazionale, nessuno da quel giorno lo ha più aggiornato. E così è rimasto sostanzialmente lettera morta.

Mascherine, Rsa, medici di base

Eppure all’interno venivano indicate misure diventate cruciali nel corso della pandemia da Sars-Cov-2. Qualche esempio? Era richiesta una “valutazione del fabbisogno dei presidi di protezione (mascherine e dpi, ndr)” per i medici delle cure primarie "presso le farmacie territoriali", fornendo loro i Dpi se possibile gratuitamente. Lo stesso veniva indicato per i medici di continuità assistenziale e i loro assistiti, che non sarebbero dovuti rimanere senza protezioni. Insomma: l’Azienda sanitaria avrebbe dovuto provvedere all’acquisto dei Dpi, al loro "stoccaggio presso il magazzino economale della ASL" e alla "distribuzione attraverso i distretti socio sanitari". È stato fatto? Il dossier prevedeva inoltre la “definizione del piano di incremento dell’assistenza domiciliare”, vero punto debole della lotta italiana alla malattia Covid-19. Infine, al capitolo Rsa, così duramente colpite negli ultimi mesi, il piano pandemico prescriveva di svolgere “un’azione di sensibilizzazione e accompagnamento affinché in ogni struttura venga redatta una procedura ad hoc da adottarsi nell’eventualità di ogni pandemia”.

Camion di bare a Bergamo

Le mancanze del governo

Ma la colpa è tutta dell’Ats/Asl? Va detto innanzitutto ricordato il caso del piano pandemico nazionale. Secondo Pier Paolo Lunelli, autore di un dossier in mano alla Procura, confermato anche dal Global Health Security Index, se i precedenti governi avessero rivisto il proprio piano anti-pandemie secondo le linee guida indicate nel 2017 dall'Oms e dall'Ecdc, si sarebbero potute evitare 10mila vittime. L’ultimo aggiornamento risale al 15 dicembre del 2016, è vero. Ma sarebbe stato solo “confermato” quello del 2006 redatto dopo l’epidemia di Sars. Perché dunque meravigliarsi se un'Asl non ha seguito il documento, quando l'intero sistema Paese si è fatto trovare impreparato?

Per Vittorio Demicheli, epidemiologo della task force lombarda, è invece difficile immaginare che un piano pandemico influenzale possa impedire quanto avvenuto. "Si fanno i piani pandemici dell'influenza perché più o meno si sa cosa fanno i virus dell’influenza - ha detto qualche tempo fa a ilGiornale.it - . Scolasticamente la Lombardia ha seguito tutte le fasi descritte nel documento (potenziamento della sorveglianza, miglioramenteo della capacità diagnosita…), ma cosa riversarci dentro non potevamo saperlo". Perché Sars-Cov-2 non è una semplice infiuenza. E dunque non è detto che seguire alla lettera i vari piani avrebbe aiutato ad impedire la strage.

L'accusa all'Oms

C’è infine da considerare che pure l’Oms, massima istituzione sanitaria mondiale, ha vagabondato nella nebbia nelle prime fasi della pandemia. Basti pensare alle indicazioni contraddittorie sulle mascherine, sui tamponi, sulle cure (clorochina) e via dicendo. “L’Oms ci ha mandato una serie di alert sbalestrati - spiega infatti l’avvocato Angelo Capelli, nominato a maggio come consulente legale da Ats Bergamo sulla gestione dell’emergenza - siamo andati avanti fino a metà aprile a fare cose che diceva l’Oms ma che erano sbagliate. È mancato l’incipit, in questa storia.

Come faceva a esserci un piano giusto se ogni settimana l’Oms cambiava le indicazioni?”.

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