Roma - Non bastava il ritorno del terrorismo di matrice anarchica, la crisi economica e una pressione fiscale ormai insostenibile che sfocia in episodi come gli scontri di Napoli o le molotov agli uffici Equitalia di Livorno. Ora si riaccende pure la spia rossa dei flussi migratori dall’Africa. L’allarme arriva direttamente dal ministro degli Esteri libico Ashour Bin Khaial, che ieri ha incontrato a Roma l’omologo italiano Giulio Terzi nella sua prima visita ufficiale in un Paese europeo: «Temiamo un peggioramento sul fronte dell’immigrazione clandestina - ha detto il ministro di Tripoli - per ora la situazione non è così grave ma abbiamo indicatori sul fatto che le cose potrebbero cambiare in peggio. Immigrati africani sono giunti fino al confine tra Egitto e Libia: per ora non sono grandi numeri ma potrebbero aumentare. Vogliamo dare un segnale, un avvertimento, all’Italia e all’Ue per affrontare il fenomeno».
Parole che, malgrado l’interpretazione più ottimistica del portavoce italiano dell’Unhcr Laura Boldrini («Nulla di nuovo, sono 15 anni che i flussi migratori nel Mediterraneo si mantengono su cifre elevate e anzi quest’anno i numeri sono piuttosto esigui: sarebbero solo 1.500 le persone sbarcate finora tra Malta e Italia»), preoccupano e molto Terzi, che già domani ha intenzione di porre il tema sul tavolo nel corso del Consiglio affari generali esteri a Bruxelles: «Quello dell’immigrazione è un tema urgente da affrontare in ambito Ue con un piano». Non solo: l’Italia ritiene anche che sia «arrivato il tempo di una più incisiva azione internazionale» anche da parte delle Nazioni Unite. Tra due settimane Terzi a New York incontrerà il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon e cercherà di sensibilizzarlo sullo scenario libico, passo già tentato dallo stesso premier Mario Monti con una lettera a Ban Ki Moon inviata qualche settimana fa. Ma naturalmente il primo passo è ovviamente una stringente partnership bilaterale tra Italia e Libia. «Stiamo collaborando con la Libia affinché ci siano dei sistemi di controllo più efficaci e alcuni programmi di monitoraggio sono già partiti».
La questione investe anche gli investimenti italiani oltre-Mediterraneo: «Il mondo imprenditoriale italiano ha bisogno di un messaggio positivo: le nostre aziende devono essere rassicurate sul ritorno alla normalità. È un passo importante», ha detto Terzi, che ha poi salutato con favore il ritorno ai livelli di prima della rivoluzione delle forniture energetiche.
L’Italia si candida dunque a fare da levatrice alla nuova Libia. Che ha fretta di stabilizzare il processo di pace di un Paese disabituato alla libertà e alla democrazia da oltre quarant’anni di assolutismo gheddafiano. «L’Italia sostiene con convinzione il processo democratico in Libia», assicura Terzi, anche se ora «serve un cambio di passo» da parte di tutta la comunità internazionale. Perché «sarebbe inaccettabile un rallentamento del processo» per il quale «il popolo ha sofferto e combattuto». In agenda ora compare il primo importante traguardo, vale a dire le prime elezioni democratiche dopo decenni.
Ma c’è il cancro dei miliziani. «Ci sono alcuni che si autoproclamano milizie - avverte Ashour Bin Khayal - ma che in realtà sono fuorilegge: brigate formate dopo la liberazione di circa 17mila detenuti armati dal regime Gheddafi».
Inizialmente il governo di Tripoli «aveva scelto di non affrontarli per evitare spargimento di sangue». Ma ora «ha deciso di passare agli atti per mettere fine a questa situazione e preparare un terreno positivo alle prossime elezioni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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