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L'ora di clima a scuola e lo smog dell'ideologia

L'ora di clima a scuola e lo smog dell'ideologia

Ieri il ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti ha annunciato che da settembre cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile diventeranno materia di studio obbligatoria. Monte ore: trentatré, circa una alla settimana. La cosa ha probabilmente stupito molti genitori. In terza media, ad esempio, i cambiamenti climatici sono già nel programma di geografia e occupano più di un'ora alla settimana in molte scuole. Nei libri di testo, il problema del clima arriva subito dopo la descrizione della troposfera e subito prima dei fenomeni migratori (legati, un po' arbitrariamente, al clima che non pare sia la prima causa degli spostamenti). A parte questo, ben venga una sensibilità ambientalista. Quale conservatore può dirsi tale se ignora la questione? Innanzi tutto si conserva la natura o il Creato, se credenti. L'importante è che l'ora di «clima» non diventi l'ora di «dottrina ecologista tendenza apocalittica». L'allarmismo è infatti poco scientifico e se abbiamo la libertà di credere in quello che ci pare, abbiamo anche il dovere di non imporre le nostre credenze come verità assolute in campi come il clima, dove non ce ne sono. Questo non toglie che la natura vada tutelata a prescindere da qualsiasi argomentazione: che differenza farebbe se l'uomo non avesse alcuna responsabilità? Nessuna. Il mare è meglio che sia pulito in ogni caso. Però nemmeno si può accettare l'ideologia che predica l'alleanza tra Stato e grandi aziende unite nella lotta per avere più potere (il primo) e più denaro (le seconde) con la scusa dello sviluppo sostenibile irrevocabile, pena l'estinzione rapida della razza umana. Anche perché quando si dice «sostenibile» si dovrebbe aggiungere «solo per noi». Per i Paesi che cercano di uscire dalla povertà, lo sviluppo sostenibile è una condanna.

Ecco, insegniamo anche questo, l'anno prossimo.

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