L'ossessione dei tedeschi per i fantasmi nazisti

L'ossessione dei tedeschi per i fantasmi nazisti

I tedeschi lo chiamano Vergangenheitsbewältigung, ovvero l'elaborazione del passato e, insieme, il suo superamento. È un qualcosa di onnipresente nella vita quotidiana della Germania, nei programmi scolastici come nelle terze pagine, alla radio come alla tv. In politica, l'ultimo suo esempio è questa proposta dell'AfD, il partito per un'Alternativa della Germania, di stornare dal bilancio statale del Baden Württemberg la cifra annuale destinata ai «viaggi della memoria» nei luoghi tragici del nazismo, e metterla invece a disposizione per visite ai luoghi storici della Germania. La sua leader, Frauke Petry, pensa che la focalizzazione sul periodo nazista sia «un'ossessione malata» che blocca l'orgoglio e la stessa politica nazionale. Non pensa affatto, naturalmente, a riabilitare il regime hitleriano, più semplicemente ritiene che la lettura del passato debba essere fatta in un modo più ampio, meno colpevolizzante, più in sintonia con quello che la Germania oggi di nuovo è: una grande potenza.

Le cose, però, non sono così semplici come Frauke Petry sembra pensare. Perché un politico accettasse di pronunciare in pubblico la parola «patria» si è dovuto aspettare Helmuth Kohl: «Unser deutches Vaterland», ed erano già gli anni Ottanta. E però, non c'è ancora una strada intestata a Marlene Dietrich (in Germania occorre il consenso degli abitanti per cambiare il nome a una via), simbolo antinazista per eccellenza... E certo, ci sono 3.500 memoriali del Genocidio in Germania, ma su tutto quello che un tempo era il territorio della Ddr, la cifra supera di poco le 300 unità. Eppure, dei 12 milioni di tedeschi in fuga nell'inverno del'45 da Königsberg, Danzica, Stettino, espulsi in un esodo terribile di fame, freddo, morte, si è cominciato a parlare non da molto e quando lo ha fatto Günther Grass gli è stato subito rinfacciato il suo passato di giovane SS.

Il fatto è che il Sonderweg, la «peculiarità tedesca» ha in sé l'elemento anche dell'eccezionalità. Non solo perché la sua storia nazionale, intesa come storia identitaria, è un susseguirsi di tracolli e di riordinamenti, crolli sistemici che impediscono la continuità dell'auto-percezione nazionale. Per restare al solo Novecento delle catastrofi ideologico-politiche, c'è il crollo del Kaiserreich nel 1918-19, la fine della Weimar democratica nel 1932-33, la resa incondizionata del 1945, il collasso della Ddr nel 1989-90, per non parlare di un sommovimento socio-culturale quale il cosiddetto «'68 tedesco» dove gli elementi terroristici di banda armata fanno impallidire i coevi «anni di piombo» italiani. Ma a ciò va aggiunto, come ha messo bene in luce Marzia Ponso nel suo Una storia particolare (il Mulino), che i tedeschi sono il solo popolo in Europa ad aver preso parte attiva «a entrambi i grandi movimenti del XX secolo contrari alla democrazia parlamentare e al progetto della società civile, quello fascista e quello comunista»; il solo ad aver sperimentato fascismo-comunismo-democrazia liberale su uno stesso territorio e, negli ultimi due casi, addirittura in contemporanea.

Anche Angela Merkel fa parte, a suo modo, della peculiarità tedesca. Incarna l'etica della disciplina, la paura dell'inflazione e un patriottismo senza pathos. Chi l'ha definita Matter mutlos, Madre (s)coraggio ne sottolinea l'incapacità a prendere decisioni per eccesso di analisi, la paura della politica quando si trincera dietro le regole, i regolamenti, le sanzioni. È pragmatica, la Merkel, solida anche fisicamente, e irresistibilmente richiama alla mente il sarcastico giudizio di Nietzsche sulla «profondità» tedesca: «È spesso soltanto una pesante, tardiva digestione. E come tutti i malati cronici, come tutti i dispeptici hanno la tendenza alla comodità, così il tedesco ama la franchezza e la dirittura: come è comodo essere freschi e probi!».

Un patriottismo senza pathos è probabilmente l'unico possibile per un Sonderweg che ha pagato sulla propria pelle, sulla propria anima e sul proprio suolo l'amarissimo conto del super-pathos patriottico nazista. Ma è anche la spia di una stanchezza, come dire, biologica. Gigante economico, la Germania è un gigante vecchio: muoiono più tedeschi di quanti ne nascano, decrescita naturale dicono i demografi. Da anni a questa parte la Unworth des Jahres, la non parola e/o il neologismo dell'anno, scelta come emblematica dalla Società della lingua tedesca, oscilla fra la Rentnerschwemme, l'alluvione dei pensionati, e la Rentnerdemokratie, la democrazia dei pensionati, passando per la Sozialverträgliches Frühableben, il decesso precoce socialmente compatibile, la paura che i pensionati non si decidano a morire...

Per capire il Sonderweg tedesco, quello che porta alla catastrofe e quello che ne segna la rinascita, quanto ci sia di fisiologico nello sviluppo patologico del primo caso e quanto l'innegabile continuità storica degli elementi costitutivi del secondo sia comunque portatrice di elementi patogeni, alieni eppure nazionali, bisogna leggere, o rileggere, le Considerazioni di un impolitico di Thomas Mann.

Lì c'è tutto, così come nella vita del suo autore c'è la rappresentazione di questa Germania che è una e bina, perché poi «si può essere tedeschi al massimo grado e nello stesso tempo non meno antitedeschi. Tedesco vuol dire abisso, teniamoci fermi a questa verità». Come si vede, Frauke Petry non ha un compito facile...

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