Coronavirus

L'ossessione da evitare: la spesa dal farmacista

L'ossessione da evitare: la spesa dal farmacista

Per l'ipocondriaco il Coronavirus è il Capodanno di tutte le sue paure. Il miglior amico, la sua coperta di Linus, è il termometro. La lancetta dell' orologio sanitario che scandisce il passare delle giornate. Per alcuni è quella delle ore, per altri dei minuti, per i professionisti dell'ipocondria quella dei secondi.

C'è anche l'ipocondriaco vintage, che si fida solo dei misuratori (vietatissimi) al mercurio. Che poi è una contraddizione in termini: perché se, malauguratamente, si spacca tocchi il mercurio che è tossico e ti spaventi ancora di più. Dopo il termometro, nel pantheon dell' ipocondriaco, c'è l'armadietto delle medicine - per alcuni un armadio 4 stagioni -, nel quale crede di custodire tutti gli antidoti alle sue paure: praticamente tutte le molecole che la scienza farmacologica ci ha messo a disposizione. Al terzo posto c' è il farmacista: amato come un parente e necessario come un pusher.

Ieri sono andato in farmacia e ho srotolato la mia, lunghissima e dettagliatissima, lista della spesa. Poi, non pago dei farmaci, sono andato oltre: «Avete lo strumento per controllare l'ossigenazione del sangue?». Lei: «Lo spirometro?» La correggo: «No, il saturimetro». Tutti finiti, panico. Me ne ordina uno, le lascio il mio numero di telefono e mi chiede il nome: «Lei è il dottor?». «Ah dottore», mi compiaccio tra me e me, pensando di trasmettere una certa autorevolezza: «Del Vigo, mi chiamo Del Vigo». Mi gela: «Dottore, ha uno studio medico qua in zona?». Le spiego che no, non sono un medico, ma un giornalista con laurea in ipocondria. Lei: «Beh, se continua così la prende in medicina». Ecco, c' è un lato positivo: dopo il Coronavirus, noi ipocondriaci, se tutto andrà bene, avremo una laurea honoris causa.

E, magari, un po' di paura in meno.

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