Sono in venti, tutti profondi conoscitori della lingua araba e dei movimenti jihadisti in tutte le loro sfumatore. Lavorano al Viminale da un mese, da quando l'allerta si è alzata, all'opera ventiquattr'ore su ventiquattro per intercettare le conversazioni online tra membri e sostenitori dei gruppi radicali.
In trenta giorni di lavoro hanno rintracciati 400 piattaforme che rappresentano una minaccia: siti, blog, forum, pagine di social network. Una di loro, coperta dall'anonimato, è stata intervistata da Polizia moderna, mensile ufficiale delle forze di polizia italiane.
Dopo gli attacchi a Parigi, ha raccontato alla rivista c'è stato un "aumento esponenziale dei contatti e delle comunicazioni con Interpol ed Europol", canali già oliati, ma che mai avevano comunicato così tanto come in questo periodo. Degli ultimi giorni per esempio "una serie di segnalazioni relative a Ask.fm", un social network meno noto, ma che "garantisce l'anonimato degli utenti".
Tra le indicazioni arrivate dall'Interpol adolescenti italiane, da Milano a Reggio Calabria, che denunciavano la presenza di bombe e ordigni. "Ragazzate", dice la specialista, "ma di questi tempi nessuna minaccia può essere trascurata".
Se fino a oggi i siti oscurati sono stati una ventina, la difficoltà principale, per chi monitora le attività dei jihadisti online, sono spesso, banalmente linguistiche.
Tra gli indirizzi bloccati ce ne sono due in cinese, e anche quando la lingua utilizzata è l'arabo, l'attenzione deve essere altissima: "Spesso anche io, che pure conosco bene l'arabo - spiega l'esperta del Viminale - ho bisogno di farmi aiutare da un esperto traduttore madrelingua: basta un piccolo errore e si rischia di sottovalutare una minaccia o di indagare un innocente".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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