Rubrica Cucù

Le lucciole a Roma? Le hanno portate i papi

Al tempo del Papa re a Roma c'era una quantità impressionante di prostitute

Le lucciole a Roma? Le hanno portate i papi

È curiosa l'idea che Ignazio Marino si è fatto di Roma e del suo compito di sindaco. Nessuno dei problemi veri che vive Roma lo sfiora realmente: in compenso si occupa d'incalzare governo e Parlamento sui gay e le prostitute. Incurante della Cassazione, dei prefetti e delle leggi, il sindaco de Roma insiste a occuparsi della sfera sessual-affettiva dei romani anziché di quella civica e urbana. E lottizza la città destinando alcune aree a sorbirsi i rom, con relativo aumento di furti, e altre a subire il racket di prostitute. È un modo generoso di mandare una città a puttane. L'idea ha spaccato l'opinione pubblica e ha diviso al loro interno sinistra e destra. In tema di puttane però, lasciate che io spezzi una lancia in favore del sindaco marziano: il modello di riferimento per la zona a luci rosse non è Amburgo, Amsterdam o Bangkok, ma è la Roma dei Papi.

Al tempo del Papa re c'era infatti a Roma una quantità impressionante di prostitute, c'erano accorsati lupanari e strade apposite (una ha ancora il nome di un tempo, via delle zoccolette). Perché la prostituzione era considerata dai cattolici di mondo una valvola di sfogo per l'esuberanza maschile (cardinali inclusi) e per salvaguardare la durata dei matrimoni. Mejo 'na mignotta che n'amante diceva la morale papalina - bollata come cazzolicesimo, da licet, è permesso - e discendeva nientemeno che da S. Agostino e S. Tommaso.

Insomma del quartiere a luci rosse o Mignottown possono lamentarsi tutti, a partire dai residenti, meno i preti e santa romanesca chiesa.

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