L'Ue non tocca l'ora legale Il sole è «salvo»

O dio l'estate, cantava Bruno Martino nel 1960, la magnifica stagione delle Olimpiadi romane, quelle in cui eravamo il centro del mondo e il futuro sembrava una maratona corsa a piedi nudi e senza faticare. Ma Martino l'estate non l'odiava (...)

(...) davvero, nessuno lo fa. Tranne forse i lituani, i finlandesi, i danesi. Popoli per cui la «bella stagione» è una successione interminabile di ore tutte uguali, con una luce lattiginosa generata da un sole pallido che non emoziona e nemmeno abbronza. Per questo sono loro - i polentoni d'Europa - ad avere la geniale idea di bannare l'ora legale, che invece a noi mediterranei piace assai. E guai a chi ce la tocca.

A noi dei ritmi circadiani, quella strana locuzione che sembra presa da un episodio di Spazio 1999, frega poco. D'accordo, pure a noi rode un po' il chiccherone quella notte di fine marzo in cui dobbiamo dormire un'ora in meno (o meglio svegliarci un'ora più tardi, tanto è domenica) ma lo viviamo come un ben modico prezzo da pagare per avere in cambio una spremuta di luce dorata in più nelle nostre giornate. E i primi giorni con stupore infantile che copiamo e incolliamo ogni anno ci stupiamo alle sette de la tarde, e diciamo alla moglie, al collega, al barista: «Guarda, bello, ci si vede ancora». È quello il momento esatto in cui iniziamo a pregustare le vacanze, la sabbia tra le dita, i mojiti con gli ombrellini, perfino le zanzare e il solito tormentone in lingua spagnola.

Il legislatore che anni fa escogitò questa frode ai danni dell'orologio non lo fece per pettinare i nostri languori, per soddisfare le nostre smanie della villeggiatura, ma per mere questioni mercantili: dare un'ora di luce in più in orari attivi e aggiungere del buio al nostro sonno, significava consumare meno energia elettrica. Però con il tempo ci siamo affezionati a questa convenzione, a questo aggiustamento, l'unica fake news da cui nessuno sente l'obbligo di metterci in guardia. E alla fine il piacere è diventato anche un business: gli operatori turistici sono convinti che l'ora legale produca fatturato, contenti loro.

Ma noi qui si fa poesia, non prosa.

L'ora legale profuma di pasta alle vongole e di quel bianco leggero bevuto con le infradito. Togliercela vorrebbe dire far vincere aringhe e vodka. E poi, cari lituani, cari finlandesi, voi cooooosì civili, almeno sulla felicità siate così umili da prendere lezioni da noi.

Andrea Cuomo

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