Matteo Renzi ieri ha aperto la campagna per il «sì» al referendum sulla riforma del Senato che si terrà ad ottobre e dal cui successo dipenderà il futuro del governo. Chi è contrario - ha detto il premier - vuole mantenere l'Italia nella palude degli inciuci politici. Sarà, ma mi chiedo dove sarebbe oggi Matteo Renzi se non avesse usato a piene mani l'arte dell'inciucio. Non certo a Palazzo Chigi, dove è sbarcato grazie a un super inciucio con Giorgio Napolitano, all'epoca capo di uno Stato inciucione. Non potrebbe certo, il premier, vantarsi di una (pessima) riforma costituzionale nata e approvata dal Parlamento solo per via di un inciucio truffaldino con Silvio Berlusconi, più noto come il patto del Nazareno. E ancora, Renzi e il suo governo sarebbero già caduti da tempo se un disperato inciucio con Denis Verdini non gli avesse garantito una maggioranza contro natura che opera indisturbata solo grazie a un inciucio con Mattarella che finge di non vedere l'anomalia costituzionale.
Renzi è un inciucio vivente. Inciucia con i grillini per nominare i membri della Corte costituzionale, inciucia con i giornali di centrodestra, con Marchionne. È arrivato persino a inciuciare con la sua opposizione interna, che a parole condanna ma con la quale dietro le quinte tratta e alla quale fa concessioni pressoché quotidiane.
Renzi è un inciucio perenne anche con se stesso. Su di lui calza a pennello la definizione che il vocabolario Treccani dà dell'inciucio politico: «Intrigo, intesa raggiunta sottobanco, accordo confuso e poco chiaro». Esattamente come è anche la riforma del Senato che saremo chiamati a giudicare - e spero bocciare -, il prossimo ottobre. Un inciucione professionista non può che partorire cose che nella sostanza sono il contrario di ciò che appaiono. Quindi da lui non accettiamo lezioni di trasparenza e coerenza.
Renzi che mette all'indice gli inciuci è credibile come se Pietro Maso - killer dei suoi genitori - facesse l'elogio della famiglia del Mulino bianco, come se Rocco Siffredi condannasse la pornografia. Quindi andiamo avanti per la nostra strada, che è quella del no alla riforma. Senza inciuci e senza inganni.
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