C'è qualche cosa di misterioso nell'emozione nazionale per il dramma in cui è caduto Alex Zanardi, l'ex pilota in coma per la seconda volta in vita sua, dopo un incidente mentre si stava allenando sulla sua handbike, la bicicletta azionata con le braccia invece che con le gambe che non ha più. I medici dicono che - bene che gli vada - rischia di perdere la vista, ma è una previsione molto ottimistica. Con il trauma cranico che ha sofferto, non è detto che gli «vada bene» e forse è solo un pietoso modo di dire che c'è una remota possibilità che torni in sé, sia pure ulteriormente menomato.
Se Zanardi potesse parlarci, sono sicuro che ci consolerebbe lui: tranquilli amici - direbbe - che sarà mai, sono solo nella sala d'aspetto della morte, faccio un po' di mattane anche qui e poi vediamo che succede, se mi ricevono o no. L'ho conosciuto, sono sicuro che lui non vorrebbe nessuna inchiesta giudiziaria, che non si accanirebbe contro quel tizio che era alla guida del camion contro cui si è schiantato a prescindere dalla dinamica dei fatti: si vive e si muore, ma l'importante - è la sua filosofia - è come vivi. Come muori è un dettaglio irrilevante. Può capitare - anzi, certamente prima o poi capita a chiunque - e chi se ne frega se sai di avere vissuto davvero nel modo in cui volevi.
Senza gambe e cieco. Il primo a ridere di questa condizione surreale sarebbe lui. Me lo vedo inventarsi un modo di correre la maratona di New York così messo, sfidando la logica umana. L'unica cosa che non gli auguro, e sono certo che lui non vorrebbe, è di rimanere nel limbo della semi-vita. O di qui o di là, e se fosse di là non importa, nessun pianga e semmai brindi a una vita vissuta alla grande.
Tutto questo è la spiegazione dell'emozione nazionale.
Vogliamo bene a Zanardi, non perché è uno famoso che ha corso su bolidi da sogno, ma perché è un folle orgogliosamente italiano senza le ipocrisie della maggior parte degli italiani. Lunga vita a Zanardi? Dipende, certamente se potrà essere una vita nella sua disponibilità, in un modo o nell'altro. E non facciamola più difficile di quello che è: è la vita, è la morte.
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