L'unico sbocco per la crisi lo vedi come conseguenza, magari non voluta, della posizione russa nei negoziati, che ipotizza per l'Ucraina lo «status» di Paesi neutrali come l'Austria e la Svezia, che non sono nella Nato ma nell'Unione Europea. Lo vedi implicito nei discorsi di molti membri dell'Alleanza Atlantica, che escludono a priori l'adesione di Kiev all'organizzazione di difesa. Ed è chiesto e richiesto fin dall'inizio del conflitto dal presidente Zelensky, che non accetta nessun accordo senza una garanzia internazionale. A Bruxelles fanno finta di niente, come pure nelle Capitali europee, pronte sempre a strapparsi le vesti per solidarietà all'Ucraina, ad inviare armi e ad introdurre sanzioni, ma che alla fine sulla questione centrale continuano ad essere avare, a sollevare pretesti e procedure: l'unico sbocco alla crisi è l'ingresso di Kiev nell'Unione Europea.
Uno può dire ciò che vuole, ma l'unica garanzia vera per l'Ucraina è trovare un ombrello internazionale che ne difenda la neutralità. E gira che ti rigira arriviamo sempre lì. È quello il nocciolo della questione, nascosto, evocato, rimosso. L'unica alternativa all'ipotesi di un governo fantoccio di Mosca. Del resto l'Ucraina è finita nel mirino del Cremlino perché era isolata come la pecora del gregge azzannata dal lupo. Basta dare un'occhiata alla cartina per scoprire che tra i Paesi europei confinanti con la Russia (a parte la Bielorussia, che ha un premier teleguidato dal Cremlino) l'unico che non ha né la copertura della Nato, né della Ue, che è, appunto, isolato, in balia dei giochi di guerra, è l'Ucraina. Se Putin si fosse messo in testa di attaccare una delle altre nazioni confinanti, si sarebbe preso una grossa responsabilità. Troppo grossa anche per le sue spalle. Perché, in fin dei conti, sul piano politico colpire un Paese della Ue non è poi tanto diverso dall'attaccare un membro della Nato. E lo sarà sempre meno in futuro anche sul piano militare quando, costretta dagli eventi e dai nuovi equilibri mondiali, l'Unione Europea si doterà di un suo esercito.
Ecco perché - se si vuole davvero salvaguardare Kiev e la pace nel Vecchio continente - l'Ucraina non deve essere più lasciata sola. E l'Europa, se fosse almeno una volta lungimirante, dovrebbe capire fin d'ora che alla fine la pallina finirà lì e non varranno alibi, procedure o commi di trattati per dire no. È su quel punto che si valuterà la vera solidarietà verso una nazione e un popolo che occupano un lembo del suo territorio.
Il resto sono discorsi campati per aria, che difficilmente potrebbero reggere alla prova dei fatti. Accordi scritti sull'acqua, pronti per essere violati il giorno dopo.
E, in fondo, la crisi ucraina potrebbe anche essere una grande occasione per l'Europa per dimostrare per la prima volta il proprio protagonismo a livello internazionale, non come un insieme di Paesi divisi da calcoli e interessi, ma come un unico soggetto che si propone negli equilibri mondiali. Insomma, la più grande tragedia dal 1945 sul Vecchio continente potrebbe offrire l'occasione per battezzare una nuova Europa.
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