Maghi e camorra. In che mani siamo

Ma in che mani siamo finiti a nostra insaputa? La domanda non è retorica, visto che dal complesso mondo della lotta al Covid spuntano come funghi personaggi che sembrano usciti più da un fumetto che da una università

Maghi e camorra. In che mani siamo

Ma in che mani siamo finiti a nostra insaputa? La domanda non è retorica, visto che dal complesso mondo della lotta al Covid spuntano come funghi personaggi che sembrano usciti più da un fumetto che da una università. Pensavamo di aver visto tutto con il generale Saverio Cotticelli, commissario grillino per la Sanità calabrese, ammettere in tv di essere ignaro di dover studiare un piano antivirus e per questo cacciato su due piedi; non è sufficiente avere scoperto che il suo successore fresco di nomina, il bersaniano Giuseppe Zuccatelli, è uno che negava l'utilità della mascherina e quantificava in quindici minuti il tempo di trasmissione del virus durante un bacio. No, al peggio non c'è mai fine e ieri è apparso sulla scena tale Giuseppe Tiani, ex sindacalista di polizia nominato un anno fa dal governatore Emiliano presidente di Innovapuglia, la società pubblica che gestisce gli appalti della Regione. Ascoltato in streaming dalla Commissione parlamentare, Tiani ha esibito un ciondolo magico di fabbricazione israeliana che a suo dire terrebbe lontano il Covid creando un campo magnetico antivirus (il video recuperabile online è esilarante).

Smemorati, negazionisti, maghi: i nostri politici non si fanno e non ci fanno mancare proprio nulla, tranne il necessario: tipo medici sul territorio e infermieri negli ospedali. Stiamo scivolando nella farsa, che tutto sommato sarebbe divertente, se non contassimo 580 morti e migliaia di ammalati al giorno.

Ma la domanda «in che mani siamo finiti?» non riguarda soltanto fenomeni del tipo «strano ma vero» che stanno accadendo in Calabria e Puglia. Mi riferisco per esempio al dubbio che in Campania non siano più nelle mani né dello Stato, né del governatore De Luca. Non è infatti possibile che di giorno in giorno venga rinviata la decisione di classificare quella Regione a un livello di rischio più alto dell'attuale, come non i parametri ufficiali ma i fatti reali imporrebbero. Chi ha paura di chi? Lo Stato della Regione non credo proprio. E allora viene il dubbio che Stato e Regione siano sotto il ricatto della camorra, che non vede di buon occhio un lockdown che nuocerebbe ai suoi affari.

E gli scontri di piazza organizzati la scorsa settimana a Napoli sanno tanto di avvertimento che «qui si resta aperti».

Ora, passino gli incapaci e pure i ciarlatani, ma non è proprio il caso di mettersi nelle mani dei camorristi. Spero di sbagliarmi, ma purtroppo non ne sono certo.

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