Il suo arresto, il 28 settembre 1993, rappresentò una delle vette della grande illusione moralistica di quegli anni. Duilio Poggiolini, l'icona vivente del malaffare, cadeva finalmente nella rete della giustizia. Era la vittoria degli onesti, dei cittadini indifesi, dei poveretti che non avevano i soldi per curarsi mentre lui, che era stato potentissimo direttore generale del servizio farmaceutico nazionale del ministero della Difesa, aveva messo da parte un vero e proprio tesoro. Lo pescarono sotto falso nome, in una clinica privata di Losanna, e questo accrebbe lo sdegno, anzi il rancore dell'opinione pubblica. Poi ci fu la perquisizione della sua casa all'Eur e l'icona si fissò per sempre nella memoria degli italiani. Gli inquirenti trovarono di tutto: gioielli, quadri, lingotti. Da un puff saltarono fuori l'equivalente 10 miliardi di lire, fetta corposa di una gigantesca torta cotta nel forno della corruzione e valutata dagli inquirenti 39 miliardi. Una cifra stratosferica, pure per un pubblico allenato ogni giorno a salire sul tappeto magico di una Tangentopoli interminabile e a scoprire di continuo nuove ruberie, nuovi caveau luccicanti, nuove trame oblique.
Duilio Poggiolini superava tutto e tutti, inarrivabile mostro di quella galleria di personaggi da zoo dell'antropologia emersi con le inchieste dei vari pool. Così, in una caduta verticale agli antipodi, fa impressione che il re Mida della sanità, come l'avevano ribattezzato i giornali che cercavano di prendere le misure a quello sfarzo da sultani, sia precipitato in fondo alla scala sociale, sia finito nei gironi dell'indigenza, abbia visto le sue fortune trasformarsi in una sorta di maledizione. La favola maligna del riccastro si conclude penosamente: Poggiolini, come ha scritto il Corriere della sera, era ospite di una casa di riposo abusiva dalle parti di Casalotti, estrema periferia romana. Le foto, impietose, mostrano un vecchio di 86 anni che ha perso la baldanza degli anni d'oro. Al posto della borsa nera, immortalata negli scatti dell'epoca e contenente secondo la vox populi chissà quali carte compromettenti, ecco le stampelle. Segno del disagio, del venir meno delle forze e quindi dell'arroganza impunita di quella stagione, e infine di una precarietà che sembra voler spazzare via tutte le certezze del tempo che fu, comprese quelle patrimoniali.
Fa tutto effetto, il passato e il presente proprio perchè la vicenda di Poggiolini, al di là della sua gravità, venne caricata di troppi significati. Di troppe speranze. Di troppe attese. Quelle manette furono per molti l'apice della palingenesi. La rivincita morale di un paese devastato dal peggior affarismo. E il suo, non a torto, faceva venire la pelle d'oca: Poggiolini faceva favori alle grandi cause farmaceutiche, compresa la maggiorazione dei prezzi dei medicinali, in cambio di tanti soldi. Il tutto in combutta con l'allora ministro Francesco De Lorenzo. L'avidità applicata alla salute. Insomma, il peggio del peggio. Qualcuno pensava che la sua parabola avrebbe modificato il corso delle cose. Naturalmente è andata in un altro modo e sappiamo che gli scandali e le ruberie non sono finiti e mancano ancora gli antidoti. E le medicine giuste, a cominciare dalla semplificazione delle norme, dallo snellimento degli appalti, dall'uccisione della logica burocratica. Poggiolini, spalleggiato dalla moglie Pierr De Maria, scomparsa nel 2007, trascorse sette mesi a Poggioreale, poi fu adagiato ai domiciliari. Il processo si chiuse con una condanna a sette anni e mezzo, ma si trattava, al solito, di una pena all'italiana che fu portata via dalla piena dell'indulto nel 2006. Un copione non all'altezza.
Come è grottesco, nell'eterno inseguimento della giustizia tricolore, il dibattimento, a scoppio ritardato, in cui l'ex Re Mida deve rispondere del contagio di almeno 900 pazienti che fra l'86 e l'87 si sottoposero a trasfusioni e ricevettero sangue infetto proveniente dalle carceri messicane e americane. L'hanno trovato che languiva sotto un portico, come uno dei vecchietti che imprecavano quando sentivano pronunciare il suo nome.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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