Marò, spunta la lettera della Severino al governo: "Non rimandateli in India"

La Severino spiegò per filo e per segno perché si poteva tenerli in Italia. Ma il governo preferì non ascoltarla

Marò, spunta la lettera della Severino al governo: "Non rimandateli in India"

Paola Severino non voleva rimandare i marò in India. A dimostrarlo è una lettera pubblicata da Dagospia in cui l'allora ministro della Giustizia scriveva all'intero consiglio dei ministri per convincerli a non far tornare Salvatore Girone e Massimiliano Latorre in India dopo che il governo di New Delhi li aveva rispediti in Italia con un permesso.

La Severino era seriamente preoccupata per la sorte dei militari e sostiene che l'impegno con l'India non sia valito perché il governo indiano ha mentito sulla possibile pena di morte. Il tutto accompagnato di articoli della Costituzione italiana, della Carta dei diritti dell'uomo, di norme stabilite da convenzioni europee e internazionali. Una lettera che venne portata anche all'attenzione dei governi del mondo e sulla base della quale si avviò l'iter - poi impantanatosi - per un arbitrato internazionale al Tribunale del Mare di Amburgo.

E poi cosa successe? "Passera, che ancora oggi osa frignare di correttezza verso l'India, si agitò a tal punto nell'orecchio sensibile dei Monti, Di Paola, della stessa Severino, che il documento

se lo mangiarono, ruminarono e pensarono di averlo eliminato per sempre", scrive Dagospia, che oggi pubblica quella lettera e accusa il sistema italiano di aver preferito mantenere gli interessi in India al salvataggio dei marò.

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