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Mascherine, lo scandalo invisibile made in Conte

Immaginate se i nostri soldati fossero stati mandati nella Prima Guerra mondiale a Caporetto con i moschetti che sparavano al contrario e le munizioni che facevano cilecca e nessuno ne avesse dato notizia

Mascherine, lo scandalo invisibile made in Conte

Immaginate se i nostri soldati fossero stati mandati nella Prima Guerra mondiale a Caporetto con i moschetti che sparavano al contrario e le munizioni che facevano cilecca e nessuno ne avesse dato notizia. O, ancora, pensate se lo scandalo degli emoderivati con il sangue infetto dal virus dell'epatite o dell'Hiv, vicenda che concorse alla fine della Prima Repubblica e che si è conclusa dopo 23 anni di processo con una sentenza di assoluzione controversa, fosse stata sottaciuta dalla stampa. Ebbene, l'atteggiamento della stragrande maggioranza dei giornali sulla vicenda delle 250 milioni di mascherine farlocche (secondo una perizia assicuravano solo il 10% del filtro richiesto dalla normativa, cioè niente, più o meno quanto un pezzo di carta igienica messo davanti alla bocca), acquistate dal Commissario per l'emergenza precedente Domenico Arcuri (ieri c'è stata una perquisizione negli uffici della società che dirige, Invitalia) e con il timbro della Protezione civile nazionale, potrebbe essere paragonato a questi ipotetici peccati di omissione. Eppure delle mascherine in questione circa una sessantina di milioni sono state sequestrate ieri dalla Guardia di Finanza e circa 190 milioni sono state distribuite da settembre in poi (cioè all'inizio della seconda ondata dell'epidemia nel nostro Paese) a medici infermieri degli ospedali pubblici. Dati che dovrebbero far riflettere. Invece ieri la stragrande maggioranza dei quotidiani, tranne due (quello per cui scrivo e il Tempo), si sono dimenticati di mettere la notizia in prima pagina. Hanno preferito dedicarsi alla plateale stupidaggine degli amministratori siciliani che pensavano di evitare la zona rossa spalmando il numero dei morti nel tempo, ignorando del tutto e questo la dice lunga sulla qualità di una certa classe dirigente che il numero dei decessi non è mai rientrato tra i 21 parametri che determinano le chiusure. O, ancora, al giro del mondo in ottanta giorni di Matteo Renzi.

Per non essere fraintesi, tutte notizie più o meno intriganti, ma quella di cui parliamo le mascherine farlocche negli ospedali è sicuramente, se non si vuole essere deliberatamente ciechi, di maggior impatto sociale. Anche perché dopo il sequestro i finanzieri hanno cominciato un pellegrinaggio negli ospedali che le hanno ricevute in dotazione, per verificare se hanno provocato una maggior incidenza nel contagio o nei decessi del personale sanitario. Se i dati suffragassero un'ipotesi del genere scatterebbe il reato di omicidio colposo per i responsabili. Una macchia sulla coscienza dello Stato. Ma a parte il codice penale, a parte Arcuri e i suoi casini (il caso dei 75 milioni di euro per commissione finiti nelle tasche di tre personaggi stravaganti e ancora ben al di là dall'essere chiarito), la superficialità con cui quelle mascherine sono state distribuite è una delle prove più palesi di quanto sia stato scombinato e pericoloso il modo con cui il governo precedente ha fronteggiato la seconda ondata dell'epidemia. Infatti, appurato che quelle mascherine non filtravano quasi nulla, delle tre l'una: o non sono state utilizzate dal personale, che in questo caso si sarebbe dimostrato più avveduto del Commissariato per l'emergenza e della Protezione Civile, e comunque si sarebbero rivelate uno spreco per le casse dello Stato; o, l'usare quelle mascherine che non filtrano, il che equivarrebbe nei fatti a non indossarle, farebbe sorgere paradossalmente il dubbio, specie in un ambiente a rischio come un ospedale, che si tratti di strumenti superflui (congettura che appare alla stregua di una provocazione); o, infine, l'ipotesi più da scongiurare, ma forse la più realistica, quelle mascherine farlocche hanno creato grossi guai di cui non si conoscono ancora le dimensioni.

Quale che sia l'ipotesi giusta, è difficile nascondere un episodio di questa portata. Specie da parte dei media. «È una vicenda ricorda il renziano Michele Anzaldi che ricorda quella del sangue infetto che tirò in ballo Poggiolini agli inizi degli anni 90». Senza contare le mille supposizioni, che una storia del genere si porta dietro; supposizioni che, per evitare polemiche, uno tenta sempre di ricacciare indietro nella mente. La prima riguarda la Cina che ci ha regalato il virus, ma, a quanto pare, anche le mascherine per prenderlo: le mascherine in questione, infatti, per la stragrande maggioranza sono di fabbricazione cinese. «È un dato di fatto», ironizza il vicepresidente dei deputati forzisti, Valentino Valentini. Mentre il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè, vede nello scandalo un portato, appunto, del passato. «Il partito cinese rimarca è stato forte sia nel governo Conte uno, che nel governo Conte due».

Alla fine, uno può dire ciò che vuole, tutte le strade portano al governo precedente e al suo premier. E questo dato di fatto insinua un dubbio sul perché buona parte dei «media» stia trascurando un caso che se non ci fossero state trasmissioni come Striscia la notizia o le Iene, magari non sarebbe mai nato. Dato che molti a sinistra come a destra, o per nostalgia del passato o per pregiudizio nei confronti di un esecutivo che come tratto identitario si definisce europeista, tentano di dimostrare che non è cambiato niente, che Draghi equivale a Conte, o viceversa, che la teoria dell'uno vale uno va applicata anche ai premier, scoprire tutti i danni provocati dalla gestione giallorossa dell'epidemia disturba questo tipo di narrazione. Per cui si fa finta di niente, si rimuove il passato o lo si paragona al presente. Tanto non cambia niente. Solo che senza memoria di ciò che è stato, non si comprende ciò che avviene. Se siamo di nuovo alle chiusure determinate dal tasso di contagio e dalla saturazione delle terapie intensive, è perché quando si poteva intervenire non lo si è fatto: i bandi delle terapia intensive solo ad ottobre; quelli per i vaccinatori appena a dicembre; mentre la stralunata ipotesi delle Primule, cioè dei luoghi in look primaverile per vaccinare, è stata archiviata del tutto appena dieci giorni fa. Né tantomeno ci voleva un genio per rivolgersi alle aziende italiane per coinvolgerle nella produzione dei vaccini. Tutte cose fatte colpevolmente in ritardo dal governo precedente; o messe in piedi dall'attuale esecutivo nato appena un mese e mezzo fa.

La vicenda delle 250 milioni di mascherine «sbagliate» è il paradigma degli errori e degli orrori commessi per questo molti non ne vogliono parlare. A sinistra perché priverebbe di pathos, o le paragonerebbe ad una calamità, il ritorno di Conte nell'agone politico in programma oggi. A destra perché renderebbe evidente che dopo tante follie, non si può riaprire quando il bollettino di guerra quotidiano parla ancora di 500 morti.

Agli italiani non resta che apprendere le notizie da trasmissioni nate sul filo dell'ironia per ridere, che non abbeverarsi alla retorica datata e ipocrita dei soliti giornaloni.

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