Massacrò intera famiglia nel 2006. Preso latitante: si nascondeva in un ovile

Nel 2006 a Brescia aveva ucciso lʼintera famiglia Cottarelli, padre, madre e figlio 17enne. La cattura è avvenuta nelle campagne di Trapani

Massacrò intera famiglia nel 2006. Preso latitante: si nascondeva in un ovile

Si nascondeva in un ovile nelle campagne del Trapanese Vito Marino, latitante di 52 anni, che nel 2006 aveva ucciso un'intera famiglia a Brescia, padre, madre e figlio 17enne, e per questo era stato condannato in via definitiva. Marino è figlio di Girolamo Marino (detto Mommo 'u nano) elemento di vertice del mandamento mafioso di Trapani, assassinato nell’86 da Matteo Messina Denaro. Le forze dell'ordine stanno valutando la posizione dei due proprietari dell'ovile, che non sono stati ancora rintracciati.

La Cassazione nel 2017 aveva confermato e reso definito l’ergastolo a carico di Marino. Ma lui si era reso irreperibile e le ricerche non si erano mai fermate. Un eccidio efferato quello del 28 agosto 2006, quando furono uccisi nella villetta di via Zuaboni, a Urago Mella, alla periferia di Brescia, Angelo Cottarelli, di 56 anni, la compagna Marzenna Topor, polacca di 41 anni, e il figlio minorenne Luca.

Imputati per l’omicidio i cugini Vito e Salvatore Marino, accusati di avere agito con ferocia per infliggere una punizione esemplare: le vittime furono legate, colpite con tre colpi di pistola calibro 22 e sgozzate con una lama di cucina. Assolti in primo grado, i cugini erano stati condannati all’ergastolo in appello. Salvatore era già in carcere, al termine di una latitanza dorata di sei mesi terminata con la cattura a Tenerife, nelle Canarie, il 31 dicembre 2010, riconosciuto da un agente della polizia penitenziaria in vacanza; la Cassazione ha poi annullato la condanna all’ergastolo per Salvatore, tornato libero, rinviando gli atti in Corte d’appello di Milano.

Per l’accusa il triplice delitto maturò nell’ambito di illeciti rapporti finanziari con Vito Marino, imprenditore vitivinicolo che, secondo la ricostruzione dell’accusa, insieme al cugino avrebbero punito la mancata restituzione di ingenti somme di denaro frutto di contributi illeciti percepiti nel settore vitivinicolo. Una truffa da 12 milioni di euro ai danni della Regione siciliana e dell’Unione europea.

L’imprenditore di Brescia avrebbe avuto il compito di produrre fatture false per gonfiare le spese sostenute per la cantina di Marino, in modo da ottenere fondi dallo Stato e dalla Regione. Una pratica illecita alla quale la vittima a un certo punto avrebbe voluto sottrarsi, facendo scattare la punizione.

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