Microspia sulla tomba cattura la "confessione": ha ucciso il figlio?

Un imprenditore era bruciato vivo nella sua auto nel 2012. I sospetti dei Carabinieri sul genitore sarebbero confermati dall'intercettazione

Microspia sulla tomba cattura la "confessione": ha ucciso il figlio?

Aveva suggerito la pista del suicidio per spiegare la morte del figlio, arso dentro la sua automobile nel piazzale dell'azienda di famiglia. Ma per i Carabinieri la versione di Stefano Di Francesco non regge.

L'imprenditore Piero Di Francesco era rimasto ucciso il 9 gennaio 2012 a Riesi, in provincia di Caltanissetta. Finora non si era riusciti a fare luce sulle circostanze, finché una microspia piazzata dalle forze dell'ordine sulla tomba non ha registrato alcune parole che attribuirebbero la responsabilità della sua morte proprio al padre.

"Cricchietto, ah, tuo padre che ti fece?". Una frase che per gli inquirenti assomiglia molto a una confessione e che ha portato a una svolta nelle indagini.

I sospetti dei Carabieri si erano concentrati sull'uomo fin da subito, quando era stato il primo a lanciare l'allarme dopo avere trovato l'automobile del figlio in fiamme nel piazzale dell'azienda. Che non si fosse trattato di un suicidio lo aveva stabilito l'autopsia, secondo la quale Piero era stato colpito con un corpo contundente e dato alle fiamme quando era ancora agonizzante, dopo essere stato caricato sul sedile posteriore della vettura.

Le indagini condotte all'epoca avevano appurato che tra il padre e i due figli non correva buon sangue, dopo che aveva dovuto cedere la ditta, che rischiava il fallimento.

Dopo qualche tempo Stefano aveva cercato di ritornare in sella, scontrandosi con i figli, che temevano soprattutto i rapporti del genitore con alcuni pregiudicati locali.

Già sei mesi prima dell'omicidio la situazione si era fatta insostenibile. Durante una lite, il padre aveva preso il figlio a martellate sulle ginocchia.

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