Durante una traversata dalla Libia alla Sicilia, hanno ammazzato senza pietà dodici migranti cristiani per far spazio sul barcone su cui viaggiavano. Oggi la terza sezione della Corte d'assise di Palermo li ha condannati a diciotto anni di carcere. Ma ha negato l'aggravante dell'odio religioso, originariamente sostenuta dalla procura secondo cui le vittime sarebbero state eliminate dai musulmani perché cristiane. I giudici hanno, invece, ritenuto che l'eliminazione sia avvenuta - probabilmente per motivi di etnia e nazionalità - solo per fare spazio nell'imbarcazione stracarica.
Nell'aprile del 2015 la nave panamense Ellensborg soccorre un barcone che dalla Libia sta facendo rotta verso le coste italiane. Al loro arrivano i sopravvissuti parlano di una strage. Quindici migranti (al tempo uno di loro era minorenne) di religione musulmana hanno gettato in mare dodici persone (nove ganesi e tre nigeriani) di religione cristiana. A scatenare la rissa sarebbe stato il gruppo di musulmani, almeno 95, più numeroso secondo i racconti raccolti dalla polizia, che dopo aver attaccato i cristiani li hanno gettati in mare. Oggi, però, la sentenza ha fatto cadere l'aggravante dell'odio religioso. La ricostruzione fatta dai pm Renza Cescon, Claudio Camilleri e Marina Ingoglia, che avevano proposto una serie di condanne all'ergastolo, è stata accolta soltanto in parte.
Il processo si è svolto nell'aula bunker dell'Ucciardone. I condannati a scontare diciotto anni di carcere e a pagare una multa di 1,2 milioni di euro sono gli ivoriani Ousmane Camara (21 anni), Hamed Doumbia (23 anni), Kabine Konate (31anni), il maliano Mohamed Kantina (26 anni) e Morizio Mouri, 25enne della Guinea Bissau. A quattro anni è stato, invece, condannato Seckou Diop, anche lui originario della Costa d'Avorio, difeso dall'avvocato Mario Caputo.
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