Coronavirus

Il "misterioso" ritiro del farmaco usato per i pazienti Covid-19

L'Aifa ne aveva autorizzato la somministrazione ai pazienti affetti da coronavirus. Ma dopo una settimana arriva la revoca. L'errore dell'Agenzia nelle regole per la somministrazione

Il "misterioso" ritiro del farmaco usato per i pazienti Covid-19

Per una settimana, è stata autorizzata la somministrazione di un farmaco, "come terapia di supporto" ai pazienti affetti da Covid-19. A permetterne l'uso era stata l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), con una delibera del 17 marzo 2020. Ma, dopo solo una settimana, l'uso del medicinale è stato revocato.

Il farmaco in questione è l'interferone beta 1a, usato finora per il trattamento della sclerosi a placche. Secondo le istruzioni, contenute nell'allegato alla determina dello scorso 17 marzo, che ne autorizzava l'uso, il farmaco doveva essere somministrato "in bolo endovenoso, per un massimo di sei giorni consecutivi", con un dosaggio di 10 mg al giorno. Il tutto, "a totale carico del Servizio sanitario nazionale". La determina dell'Aifa aveva fissato a tre mesi, a partire dall'entrata in vigore della norma, il periodo di prescrizione del medicinale, che avrebbe dovuto supportare le terapie contro il Covid-19. Nel corso del trattamento, inoltre, avrebbero dovuto essere "monitorati i tempi di estubazione e la mortalità".

Ma dopo una settimana, è comparsa sulla Gazzetta Ufficiale una nuova determina dell'Aifa, con cui viene revocata la decisione precedente. Invece che durare tre mesi, quindi, la somministrazione del farmaco si è interrotta dopo una sola settimana. "Il medicinale interferone beta 1a- si legge nel documento- è escluso dall'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale come terapia di supporto dei pazienti affetti da infezione da Sars-CoV-2 (Covid-19)". Sul motivo dell'esclusione viene detto che la Commissione tecnico scientifica dell'Aifa (Cts) "ha ritenuto opportuno revocare tale inserimento per problemi di incompatibilità della formulazione disponibile rispetto all'uso proposto".

Infatti, nella determina del 17 marzo, viene indicato l'uso per via endovenosa. Ma le istruzioni che accompagnano il farmaco già in commercio, usato per altre patologie, indica la somministrazione attraverso iniezione muscolare. Gli effetti indesiderati associato a un uso scorretto del medicinale sono diversi e tra questi si osservano svenimento, convulsioni, vertigini e aumento del battito cardiaco.

Ad indagare sul giallo del ritiro del mediciale è stato Franco Bechis che, sul Tempo, ha pubblicato un articolo in cui rende nota la risposta dell'Aifa alle domande legate alla revoca dell'uso del farmaco. Non avendo ottenuto risposta dall'Agenzia, il giornalista ha inviato al viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, le Gazzette con le due delibere, chiedendo di vederci chiaro. Il viceministro ha chiesto chiarimenti ufficiali all'Aifa che ha fatto sapere come "lo studio di riferimento per l'iniziale inserimento prevedeva un trattamento per via endovenosa. Purtroppo le formulazioni disponibili in Italia non sono autorizzate per l’uso endovena e quindi la Cts, nell'ambito del processo di rivalutazione continua delle evidenze in materia di farmaci per il trattamento del Covid-19, ha ritenuto opportuno revocare l'inserimento".

Ma a preoccupare è la prima parte della risposta, in cui si sottolinea che "per quanto riguarda eventuali pazienti trattati con ifn-beta1a dal 17 al 25 marzo, tale dato non è ancora a disposizione di Aifa, essendo in corso di pubblicazione in questi giorni la piattaforma per l'inserimento dei dati da parte dei clinici. Inoltre, in questo momento di emergenza i centri ospedalieri non hanno facilità ad inviare i dati e quindi li verificheremo appena possibile".

L'Agenzia, quindi, non esclude la possibilità che il farmaco sia stato somministrato a qualche paziente.

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