Scena del crimine

Il caso Vannini visto dalla Bruzzone: "Ecco cosa c'è dietro l'omicidio"

Il 30 settembre prossimo verrà emessa la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Roma che si pronuncerà in merito alle responsabilità della famiglia Ciontoli sulla morte di Marco Vannini. La criminologa forense Roberta Bruzzone fa il punto della situazione con il Giornale.it

Il caso Vannini visto dalla Bruzzone: "Ecco cosa c'è dietro l'omicidio"

Sono passati 5 anni da quella tragica sera in cui Marco Vannini ha perso la vita a causa di un proiettile che lo ha ferito alla gabbia toracica e al cuore. Ben 110 minuti di attesa prima di essere soccorso, un ritardo che gli è stato fatale. Chi gli ha sparato avrebbe potuto salvargli la vita chiamando immediatamente i soccorsi. A stabilirlo la sentenza della Corte di Cassazione che ha ribaltato il grado di appello accogliendo i ricorsi della procura generale e delle parti civili, secondo i quali la morte di Marco fu omicidio volontario con dolo eventuale.

Era la sera del 17 maggio del 2015, quando l’allora 20enne Marco, si trovava a casa della famiglia della fidanzata. Quella che doveva essere una serata come le tante si è rivelata invece per lui fatale: il proiettile di una pistola Beretta calibro 9, appartenente al padre della fidanzata, Antonio Ciontoli, lo ha colpito causandogli un’importante ferita. Da quella casa la richiesta dei soccorsi è partita in ritardo e le versioni fornite ai sanitari prima e alle Forze dell’ordine poi, sono state sempre discordanti e contraddittorie. Cos’è successo quella notte? Qual è stato il ruolo di ciascun familiare in quella vicenda? In attesa della sentenza fissata al 30 settembre abbiamo sentito il parere della criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone.

Che idea si è fatta della vicenda?
"Rimango in linea con quello che ha stabilito la procura di Civitavecchia, ossia che a sparare sia stato Antonio Ciontoli, che non ci fosse una volontà omicidiaria quando è stato esploso il colpo d’arma da fuoco. Penso vi sia stata un’intollerabile superficialità da parte di Ciontoli. Il problema rilevante è stata la gestione di quello che è accaduto immediatamente dopo: un ragazzo ferito da un colpo d’arma da fuoco, anche se è stato esploso in modo accidentale e comunque non intenzionale, è una persona che è a rischio di vita. Ripeto, è sconvolgente quello che è accaduto dopo, perché un’intera famiglia, compresi due genitori adulti, non si è attivata subito per mettere Marco nelle migliori condizioni possibili di ricevere aiuto. Questa è una condotta penalmente rilevante che difficilmente si concilia con l’omicidio colposo"

Il 30 settembre la sentenza in Appello bis: secondo il suo punto di vista, cosa sarebbe giusto doversi attendere?
"Io credo che torneremo alla pronuncia di primo grado e cioè che Antonio Ciontoli rischi una condanna per omicidio volontario con dolo eventuale. Quindi
penso che la richiesta che fa il pm nei confronti di Contoli possa essere verosimilmente accolta dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma. Per tutti gli altri familiari ritengo che resteremo sull’ipotesi dell’omicidio colposo".

C'è un’intercettazione ambientale nella caserma dei carabinieri in cui si sente dire alla figlia del militare di aver visto il padre sparare contro Marco. Quest’affermazione (insieme ad altri elementi) quanto può essere importante nell’accertamento delle responsabilità di Antonio Ciontoli e di tutta la sua famiglia?
"Sono affermazioni sulle quali ha insistito molto nuovamente il procuratore generale durante l’ultima requisitoria di qualche giorno fa perché queste, in qualche modo, vanno a sconfessare la linea difensiva della famiglia Ciontoli, ossia il fatto di sostenere che non erano sicuri che fosse stato esploso un colpo d’arma da fuoco perché Antonio Ciontoli non glielo avrebbe detto subito. Il problema è che le intercettazioni sembrerebbero indicare una ricostruzione diversa. Già in primo grado quelle affermazioni vennero considerate infatti come un elemento a carico di Ciontoli e, a quella circostanza, è stata data lettura diversa rispetto al processo di appello. Quindi è chiaro che sono tutti elementi che in questo momento sono nuovamente al vaglio di una nuova Corte D’Assise D’Appello e che aiutano a ricostruire una situazione sconvolgente perché, è chiaro a tutti, che sia stato fatto esplodere un colpo d’arma da fuoco in una circostanza nota non solo ad Antonio Ciontoli ma anche alla sua famiglia. E questo è un elemento sul quale ha insistito fortemente la procura generale anche in sede di requisitoria nel secondo processo d’appello".

Durante la sofferenza Marco avrebbe urlato “Scusa Martì”. Cosa potrebbe celarsi dietro quelle parole?
"Sull’interpretazione di queste frasi nutro delle perplessità. Io non credo sia molto chiaro l’audio di quello che sia avvenuto lì. Sicuramente si sente urlare Marco Vannini: in alcune frasi sembra che voglia chiedere un telefono, in altre il contenuto è totalmente incomprensibile. La lettura che è stata data di quelle espressioni la ritengo completamente inattendibile".

Come capire quando sono presenti degli elementi che rendono delle persone potenzialmente pericolose per prenderne le distanze?
"È una domanda che richiede un più ampio approfondimento per cui ci concentriamo sulle relazioni affettive o amicali. Sono elementi di pericolo la manipolazione affettiva e l’esigenza di controllare gli altri.

Si tratta di segnali d’allarme da cogliere con attenzione e non sottovalutare, perché soprattutto coloro che hanno bisogno di esercitare il controllo sulla vita altrui e puntano sullo svalutare tutto quello che le altre persone fanno, possono diventare pericolosi nel momento in cui gli altri si sottraggono da quel controllo o da quella influenza".

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