Cultura e Spettacoli

Non è "Da Grande" il debutto di Cattelan su Raiuno

Show lungo e difficile da comprendere per il pubblico più anziano. Ma non tutto è da buttare nel nuovo show di Alessandro Cattelan

Non è "Da Grande" il debutto di Cattelan su Raiuno

Fin troppo facile sentenziare che Alessandro Cattelan non è ancora abbastanza “grande” per permettersi uno show sul primo canale Rai. Certo è che il suo debutto di ieri sera - molto atteso e sotto osservazione - non ha dato i risultati sperati. Però il programma non è tutto da buttare. Per molte ragioni. Dunque vediamo i dati: “Da Grande” è arrivato al terzo posto tra i programmi della prima serata di domenica, con solo il 12,67 per cento di share e 2.376.000 spettatori, un risultato assolutamente basso per la rete ammiraglia. E’ stato battuto sia da Raitre, che aveva in onda la finale di volley maschile (15,84 per cento con 3.408.000 spettatori), sia da Canale 5 con "Scherzi a parte” (15,21 per cento e 2.879.000). Ecco, cominciamo col dire, a parziale giustificazione del flop di Raiuno, che l’inaspettata e combattuta vittoria degli azzurri della pallavolo ha fatto volare il terzo canale e portato via punti di share a tutti gli altri. Ma questo non è sufficiente per spiegare i bassi risultati d’ascolto.

Il fatto è che “Da Grande” non ha centrato i suoi obiettivi: attirare nuovo pubblico giovane e nel contempo piacere anche al tradizionale pubblico Rai. I ragazzi che ancora guardano la tv hanno preferito ridere con Papi su Canale 5 e i più anziani hanno fatto fatica a connettersi con il mondo di Cattelan. Anche perché è difficile capire e apprezzare ciò che non conosci, che non fa parte del tuo bagaglio: i settantenni o ottantenni, in genere, non seguono “X Factor” o “Epcc”, il late show del conduttore. Ma, soprattutto, non hanno interesse al mondo dei quarantenni rappresentato da Cattelan. Forse il peccato maggiore dello show è stato l’autoreferenzialità. Certo, il giochino con “Da grande” e lo sbarco sul primo canale, con tanto di sigla iniziale “Alessandro questa è la Rai” e scenetta girata con Carlo Conti era simpatico, ma eccessivo. Probabilmente, dopo un po’ di minuti, i più anziani hanno cominciato a cambiare canale. E, questo, nonostante Cattelan avesse chiamato a raccolta i beniamini del pubblico “largo”, da Antonella Clerici a Carlo Conti a Paolo Bonolis, per cercare di tenerselo stretto.

Gli altri punti negativi sono: la lunghezza dello show nel suo complesso, ma anche di alcuni sketch che sono risultati stiracchiati, come quello (comunque interessante) con protagonisti i ragazzi del Volo e quello, pur simpatico, con Mengoni e “I soliti pacchi”. Di fatto, il programma è una trasposizione in grande, scintillante e arricchita, dello schema che sta alla base di “E poi c’è Cattelan”, e non è semplice per i più adulti afferrare l’ironia, i collegamenti, le citazioni.

Ma, come dicevamo, c’è materiale da salvare: intanto Alessandro si è dimostrato (e non c’erano dubbi) un animale da palcoscenico capace di reggere ore di diretta e capace di ballare, cantare, recitare, trasformarsi, interagire in maniera spumeggiante con gli ospiti. Uno showman, così, in ogni caso, la Rai non se lo deve lasciar sfuggire, nonostante questo passo falso iniziale. Lo show, nel suo complesso, ha offerto anche spunti interessanti, soprattutto nei giochi di rimando con i format storici dell’azienda. Bellissimo lo studio, ottimi la regia, la scenografia, le coreografie, il corpo di ballo e la band. Divertenti e più fluide le parti con Elodie e con Bonolis.

Insomma, per la seconda puntata di domenica prossima c’è molto da lavorare. Anche perché Alessandro (e tutto il vertice di Raiuno) ha solo un altro colpo in canna per salvare questa operazione, avendo scelto di realizzare solo due puntate. La strada per uno come Cattelan di diventare “Grande”, non si può certo chiudere qui.

Intanto il prossimo banco di prova sarà l’Eurovision Song Contest, dove certamente si troverà a suo perfetto agio.

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