Coronavirus

Non è il tempo della burocrazia

Alcuni muoiono per il Covid-19 e a breve molti di più avranno seri problemi a fare la spesa. Il moltiplicatore di queste sofferenze si chiama burocrazia.

Non è il tempo della burocrazia

Alcuni muoiono per il Covid-19 e a breve molti di più avranno seri problemi a fare la spesa. Il moltiplicatore di queste sofferenze si chiama burocrazia. In questa partita, la più difficile dall'ultima guerra, la variabile fondamentale è il tempo. Quando imponi il lock-down? Quando arrivano i tamponi e i ventilatori? Quando ci sarà il picco negli ospedali e come possiamo distribuirlo nel tempo? Quando prevedi di poter allentare? Quando possiamo aspettarci di andare in pizzeria? In estate potremo viaggiare? A settembre quali attività lavorative saranno realizzabili? Cinema e stadio, quando?

Ora chiediamoci: qual è l'organizzazione che ignora l'esistenza stessa del tempo, al punto da consumarlo senza neanche portarne il conto? La burocrazia. Che non si trova in natura, no. L'hanno costruita gli uomini, con una filosofia ben precisa: le attività devono essere svolte avendo come obiettivo il rispetto delle procedure e delle norme. La finalità è garantire che tutto si svolga al meglio, con i necessari controlli e autorizzazioni. Nella realtà, il sistema brucia una risorsa sempre più scarsa, il tempo, che in momenti come questo possiamo definire «vitale». Un problema, ma che altro fare? Senza procedure, sarebbe il far west, dove ognuno farebbe come vuole e speculerebbe. In realtà, una via c'è. Quella dei controlli successivi con premi e punizioni. L'obiettivo diventa quello di produrre un risultato in un certo tempo. Poi, se a posteriori vedo che il tuo ospedale ha pagato un ecografo più di un altro, fino al 5/10% non prenderai il bonus, dal 10 al 20% non farai carriera, oltre ci presenti le dimissioni domani mattina, anche se era arrivato in tempo.

Noi guardiamo alle decisioni del Governo, da cui derivano la nostra salute e la nostra sopravvivenza economica. Blocchi alla circolazione delle persone e sostegno alle famiglie, affinché possano fare la spesa, e alle imprese, per restare operative e produrre ricchezza. Di fronte a tali decisioni, la domanda cruciale non è «quanto» ma «quando». Anche le misure più abbondanti sono inutili se non riescono ad arrivare in tempo tra la gente. Il divieto di uscire di casa è stato comunicato in televisione e da quel momento era effettivo. Immaginiamo cosa sarebbe accaduto se quella decisione avesse impiegato tre/quattro settimane ad essere operativa. Per la cassa integrazione potrebbe bastare una PEC, che è stata inventata apposta. Invece no, deve essere informato il sindacato, poi la Regione deve ricevere la richiesta stampata, firmata e scannerizzata, che valuterà e inoltrerà all'Inps, a cui si dovranno comunicare gli Iban dei dipendenti, i quali nel frattempo saranno guariti da un'altra patologia endemica, l'obesità.

Lo stesso Draghi, pur nella trattazione di importanti questioni di filosofia macroeconomica, ha sentito il bisogno di indicare che «la velocità del deterioramento dei bilanci privati causata da una chiusura economica che è sia inevitabile che desiderabile deve essere soddisfatta dalla stessa velocità nello schierare i bilanci pubblici». Aggiungendo, per evitare equivoci, che la mobilitazione dei sistemi finanziari debba «essere fatta immediatamente, evitando ritardi burocratici». Smettiamola di chiederci se lo Stato «può» spendere.

Chiediamoci se «sa» spendere.

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