A buoi scappati chiudono le stalle. Affidarsi alla prevenzione fai da te, lanciare messaggi buonisti e tranquillizzanti, non obbligare alla quarantena chiunque - cinese o italiano - provenisse dalla Cina è stato un errore che oggi paghiamo caro. Il virus è arrivato a Milano e tutto il Nord Italia è sull'orlo della paralisi.
Già questo - al di là dei problemi sanitari che restano comunque prioritari - è un danno enorme (molte aziende si stanno preparando a operare a scartamento ridotto già da domani). Chi non ha chiuso bene la stalla oggi non trova di meglio - come ha fatto ieri la ministra Paola De Micheli - che dare dello sciacallo a Salvini che ha denunciato ritardi e omissioni. Mi spiace per la ministra, ma la responsabilità di ciò che sta succedendo e che succederà non è degli ex ministri ma di quelli in carica, cioè anche sua. Evidentemente hanno sbagliato, e se si preoccupano delle parole di Salvini vuole dire che stanno continuando a sbagliare, solo che a pagare non sarà Salvini, ma tutti noi.
Ieri il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità ha detto che il punto debole del mondo, rispetto alla diffusione del virus, sarà presto l'Africa. Facciamo finta di niente o chiudiamo i porti? Gli crediamo o lo bolliamo come sciacallo razzista (che è pure un signore di colore)? Che senso ha «limitare i rapporti sociali in città», come ha chiesto ieri il sindaco di Milano Beppe Sala, se poi non «limitiamo» i rapporti con possibili nuovi portatori più o meno sani?
Si dice che la destra cavalchi le paure. È che le paure non sono infondate e da un giorno all'altro, come dimostra il Coronavirus, diventano realtà. E allora casca l'asino buonista, il cui raglio diventa insopportabile. Questo asino non accetta che la strada da prendere per salvarsi porti a destra che più a destra non si può: rigore, misure speciali, severità nei controlli, intransigenza.
Sospendiamo quindi la ricetta Bersani di una politica «larga e plurale», come lui ama dire. Serve oggi una guida «stretta e singolare», che prenda decisioni anche dolorose e impopolari e se ne assuma le responsabilità.
È quello che mi auguro avrà il coraggio di fare, all'occorrenza, il sindaco di Milano, perché sia chiaro a tutti: se cade Milano, cade il Paese. Meglio chiudere per un po' la metropolitana che chiudere a lungo l'Italia.
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