I n un Paese spaccato in due dall'emergenza immigrazione, forse sarebbe prova di buon senso che anche i magistrati facessero la loro parte per pacificare gli animi, evitando di portare nuovi argomenti di polemica a chi sostiene che - una volta entrati nel Paese - alcuni forestieri godano di un trattamento troppo indulgente, e che il rispetto delle regole e delle leggi sia loro indicato non come un dovere tassativo, pena l'espulsione o la galera, ma una sorta di optional. Ma i giudici del Tribunale del riesame di Milano, evidentemente, ritengono che la cosa non li riguardi. E che quindi (...)
( ...) anche uno spacciatore abbia diritto a un po' di indulgenza. Al punto di scarcerarlo, nonostante l'arresto in flagrante. E di scrivere nelle motivazioni che per il poveretto lo spaccio di droga è l'unica fonte di sostentamento. Tutto accade in via dei Transiti, una traversa di viale Monza da tempo tenuta d'occhio dalle forze dell'ordine per il via vai di pusher e di consumatori. La sera del 27 giugno una pattuglia del commissariato di zona ferma un ragazzo centroafricano, dalle sue tasche saltano fuori cinque pastiglie di ecstasy, la droga dello sballo serale. Il giorno stesso il giovanotto, che si chiama Buba Ceesay ed è nato in Gambia nel 1987, compare davanti al giudice che lo spedisce in cella, anche perché si scopre che non si tratta di uno spacciatore occasionale. Per tre volte, negli ultimi due anni, Buba è stato colto in flagrante a vendere droga. L'ultima denuncia l'aveva beccata il 23 giugno, tre giorni appena di essere arrestato in via dei Transiti. In quella occasione se l'era cavata con una denuncia a piede libero: ricavandone, evidentemente, ulteriore conferma che spacciare stupefacenti in Italia sia considerato una sorta di marachella. Ed era tornato a rifornirsi e a vendere. Il giudice davanti a cui Buba compare in manette decide che la misura è colma e ordina che sia chiuso in carcere. Ma il gambiano ricorre al Riesame, che a tempo di record, il giorno stesso dell'udienza, lo libera, applicandogli solo il divieto di ripresentarsi a Milano.
Motivo: la droga era poca, il fatto di «lieve entità», e quindi il carcere preventivo non è ammesso. Ma ciò che più colpisce sono le due righe buttate lì, nella sentenza: «Ceesay non ha alcun provento derivante da attività lavorativa e lo spaccio appare l'unico modo per mantenersi». E quindi lo liberate?Luca Fazzo
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