Ora Amazon dica quanto paga gli operai cinesi

Perché sui prodotti, per lo più cinesi, che Bezos vende sulle sue piattaforme non viene indicato quanto guadagna l'operaio cinese che lo ha prodotto? Il consumatore saprebbe il peso dei dazi di Trump, ma anche lo sfruttamento del lavoro a Pechino

Ora Amazon dica quanto paga gli operai cinesi
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La clamorosa polemica tra Donald Trump e Jeff Bezos sui dazi e la loro esposizione sulle etichette dei prodotti venduti da Amazon sono significative di un rischio fatale che corre l'economia di mercato. E non solo per colpa delle misure protezionistiche annunciate dall'amministrazione americana. Per l'economia di mercato, i prezzi sono come le elezioni per le democrazie: essenziali. Imporre dei dazi, rompe l'equilibrio del mercato e lo danneggia gravemente. I prezzi non sono altro che un'informazione, come ci ha insegnato Milton Friedman e in Italia Antonio Martino. Non rappresentano il valore intrinseco di un bene (pensate a quanto possa valere un bicchiere d'acqua nel deserto), né tantomeno lo sforzo per produrlo. Il prezzo ci informa del livello ottimale con il quale domanda e offerta si incontrano.

Trump rompe questo equilibrio e l'impresa privata come pensa di rispondere? Mettendo in evidenza sull'etichetta quanta parte del prezzo di vendita sia dovuto all'imposizione di Trump. L'offesa è tremenda, la risposta è marxista. Perché sui prodotti, per lo più cinesi, che Bezos vende sulle sue piattaforme non viene indicato, per seguire la medesima perversa logica, quanto guadagna l'operaio cinese che lo ha prodotto? Il consumatore saprebbe il peso dei dazi di Trump, ma anche lo sfruttamento del lavoro a Pechino.

Piegare i prezzi ad una logica politica è mostruoso. Qualcuno potrebbe apprezzare i dazi e qualcun altro essere disgustato dal basso livello di salario di chi produce il bene che stiamo comprando. Insomma si rompe in questo modo la cooperazione pacifica tra operatori del mercato. E perché non indicare nel prezzo, la quota profitto? O la quota interessi pagati alle banche? Si può continuare all'infinito: cercando il segnale che più piaccia alla nostra sensibilità politica.

Il prezzo non ha un valore morale, non deve essere «giusto». Anzi lo è solo nella misura in cui, un compratore accetti di pagarlo per soddisfare un proprio bisogno. Vi sembrerà cinico, ma se non accettiamo questo principio non accettiamo l'economia di mercato. Cosa, per carità legittima, ma che dovremmo confessare apertamente.

Il rischio che la politica interferisca sul meccanismo dei prezzi e dunque sul funzionamento del mercato è elevato in tutto il mondo. Dell'America abbiamo parlato. L'Europa è messa anche peggio. Abbiamo distrutto l'industria automobilistica, perché abbiamo imposto una soluzione ambientale che cozzava con le richieste del mercato: disponibile a comprare un auto elettrica solo a patto che il prezzo di quell'auto fosse artificialmente ridotto con sussidi pubblici.

E che dire del blackout spagnolo? Abbiamo incentivato, modificando il gioco dei prezzi relativi, il sistema di produzione elettrica: ci siamo trovati nell'imbarazzante paradosso, dal punto di vista economico, che il sistema è saltato perché si è prodotta molta più energia di quanta ne fosse richiesta dal mercato.

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