Cronache

Se adesso la Murgia "insegna" a Repubblica come fare giornalismo

Michela Murgia ha deciso di insegnare ai giornalisti come parlare del femminicidio: l'ha fatto con una lista di frasi da usare e da non usare consegnata alla redazione di Repubblica. Era necessaria?

Se adesso la Murgia "insegna" a Repubblica come fare giornalismo

Michela Murgia inizia a essere indigesta anche dalle parti de la Repubblica. Strano ma vero, la redazione del quotidiano pare si sia ribellata a un diktat della scrittrice, a capo di un team che si è premurato di stilare un decalogo orewlliano con le regole per trattare i casi di femminicidio in modo tale da non urtare la sensibilità altrui, in primis quella della scrittrice.

"Come raccontare un femminicidio", è il titolo dell'elenco che la Murgia ha preparato per la Repubblica con la benedizione del direttore Maurizio Molinari. È un argomento insidioso quello del femminicidio, che purtroppo regala spunti di cronaca quasi quotidiani nel nostro Paese. Tuttavia, si presume che giornalisti professionisti ed esperti come quelli de la Repubblica siano capaci di raccontare i contorni di vicende così complicate anche senza la guida di una scrittrice. Non c'è da stupirsi se - come racconta il quotidiano La Verità - pare che dopo aver scorso le regole della guida, la redazione sia stata pervasa da un sentimento diffuso di nervosismo, del tutto giustificato.

La Repubblica in questo periodo non naviga in acque serene. La massima espressione del giornalismo progressista del nostro Paese è sceso sotto la quota psicologica delle 100mila copie di tiratura. Il motivo? La nuova linea proposta dal direttore Molinari, che si è insediato solo pochi mesi fa, ha destabilizzato le sicurezze dei lettori, soprattutto quelli più anziani, abituati a un approccio più duro e pasionario del giornale su molte tematiche, soprattutto quelle politiche da sempre care alla sinistra pura italiana. Il nuovo corso di Molinari ha confuso anche i giornalisti, che dopo diverse novità introdotte dal direttore, ora si trovano anche a dover sottostare a un elenco scritto da Michela Murgia. Nel suo decalogo, la scrittrice sarda spazia su molti aspetti, comprese le modalità di scrittura degli articoli sul femminicidio.

È comprensibile che i cronisti si siano sentiti offesi nella loro professionalità, anche per il modo in cui la scrittrice è salita in cattedra. I 7 punti della lista orwelliana sono divisi in due colonne, i sì da una parte e i no dall'altra. Rispettivamente, in ognuna delle colonne, i cronisti di Rep trovano esempi di frasi da usare e da non usare, indicazioni per lo più ovvie che riscaldano gli umori dei giornalisti del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. "Non far sembrare l'omicidio una conseguenza delle scelte della vittima", "non empatizzare con l'omicida ma con la vittima", "non patologizzare il movente", e cosi via. I cronisti de la Repubblica hanno improvvisamente disimparato il loro mestiere? Difficile crederlo, infatti il comitato di redazione sta studiando la questione e si prepara ad agire.

Michela Murgia non gode di particolare stima giornalistica da parte della redazione di Rep, che non riconosce alla scrittrice doti in questo ambito. Eppure, la scrittrice sarda non è completamente estranea all'universo del quotidiano, visto che è stata assoldata tempo fa a capo del team social de la Repubblica. È vero che il tema del femminicidio è spinoso ma è altrettanto vero che un giornalista non può realizzare un articolo con il bignami delle frasi pronte di Michela Murgia. I vertici del quotidiano di Scalfari hanno fatto un passo avanti dopo i debunker e i fact check, dopo i cani da tartufo delle fake news e gli invocatori del karma.

Hanno assoldato la donna del "fascistometro" per dare lezioni di politicamente corretto alla redazione che del politicamente corretto ha fatto la sua bandiera.

E così, sulle pagine di la Repubblica non si leggeranno più frasi giustificatorie per gli omicidi delle donne, non si dirà più "che si trattava di un fidanzatino, che era un insospettabile, che aveva perso da poco il lavoro, che era soffocato dai debiti". Giusto, ma succederà lo stesso con le tematiche legate ai migranti?

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