Cronache

Dentro il palazzo ostaggio dei profughi nel centro di Roma

Siamo entrati nell'edificio - in pieno centro - in cui da tre anni vivono centianaia di profughi e dove mesi fa sono stati arrestati alcuni scafisti

Dentro il palazzo ostaggio dei profughi nel centro di Roma

Grande come otto campi di calcio, occupa un intero isolato e svetta per 11 piani. Stiamo parlando di palazzo Curtatone, lo stabile occupato da migranti più grande presente nel centro di Roma, che nasce come sede di Federconsorzi, poi passato all’Ispra. L’affaccio principale dell'edificio si trova a Piazza Indipendenza, a 400 metri dalla stazione Termini, a 100 metri dall’ambasciata tedesca e a 90 dalla sede del Consiglio Suprema della Magistratura (Csm). In piazza Indipendenza, poi, nel lato opposto allo stabile, si trova la sede delle redazioni del Corriere dello Sport e dell’Avvenire, mentre nel mezzo c’è un’area verde dove migranti e clochard bivaccano durante il giorno.

La storia di palazzo Curtatone

Ebbene, proprio in un punto così delicato e strategico, il 12 ottobre 2013 i movimenti per la casa, guidati dal noto attivista di estrema sinistra Luca Fagiano, sono riusciti a occupare lo stabile ora di proprietà di Idea Fimit, lo stesso Fondo Immobiliare che possiede anche il palazzo di via Collatina di cui abbiamo già scritto. Qui, attualmente, vivono tra gli 800 e i 1200 nordafricani, soprattutto eritrei ed etiopi che hanno perlopiù lo status di rifugiati politici, e ogni famiglia possiede la propria chiave per accedere al palazzo dall’ingresso di via Curtatone, di fronte alla sede del Sole 24 ore.

L’immobile, realizzato negli anni ‘50 dagli architetti e ingegneri Giulio Sterbini, Aldo Della Rocca, Enrico Lenti e Ignazio Guidi, è, inoltre, parzialmente soggetto a vincoli da parte del Mibact (ministero dei Beni, delle Attività culturali e del Turismo) per l’importante valore architettonico e artistico di alcune parti interne come l’atrio, il vestibolo e lo scalone elicoidale centrale e, pertanto, è citato persino sulla Guida rossa del Touring.

L’immobilismo di Alfano

Non si tratta, dunque, di uno stabile idoneo per appartamenti privati quanto più per uffici ed è questo che doveva diventare, secondo le intenzioni della Fimit che lo aveva dato in gestione alla Sea per ristrutturarlo. In pratica, il palazzo, che vale circa 80 milioni di euro, genera perdite per 240.000 €/annui di utenze e 575.000 €/annui di tasse di proprietà, regolarmente pagate dai legittimi proprietari.

Il primo ad essersi interessato di questa vicenda è stato il deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, con due interrogazioni parlamentari al ministro dell’Interno Angelino Alfano, che, inizialmente ha preso tempo, e poi, il 31 marzo scorso ha dichiarato che il palazzo era stato inserito in un elenco di obiettivi prioritari da sgomberare. I profughi, però, sono ancora lì e, dopo le parole di Alfano in Aula, hanno appeso uno striscione sul fregio della facciata dell’edificio che recita: “Siamo rifugiati, non terroristi”, ma la paura per possibili infiltrazioni resta perché, solo pochi mesi fa, sono stati arrestati alcuni nordafricani con l'accusa di essere scafisti. “Perché, in pieno anno giubilare, a cinque mesi da questo annuncio, fatto solo dopo l’arresto di alcuni scafisti che risiedevano in quel palazzo, non è cambiato nulla?” si chiede Rampelli, interpellato dal giornale.it. E ancora: “Renzi, nel recente incontro con Hollande e la Merkel a Ventotene, dove si è parlato di immigrazione, ha fatto presente alla cancelliera tedesca che, proprio nell’estate in cui l’Europa è stata colpita da tutta una serie di attentati, non lontano dall’ambasciata del suo Paese persiste questa situazione di illegalità?”

La sicurezza in Piazza Indipendenza

Sebbene l’ex presidente della Commissione Legalità del I Municipio, la democrat Iside Castagnola, ci abbia rassicurato sul fatto che i profughi presenti nel palazzo siano stati identificati nel dicembre 2015 e non creino problemi dal punto di vista della sicurezza del quartiere, permane una situazione di degrado in piazza Indipendenza. “Sappiamo che i rifugiati che lo abitano sono tutti identificati, ma ho ricevuto varie segnalazioni di sporcizia, degrado e di richiesta molesta di elemosina. Il porticato del palazzo, poi, dove c’è il Conad e la banca, periodicamente si riempie di sbandati”, ci ha detto Augusto Caratelli, presidente del comitato dei cittadini della zona Esquilino-Castro Pretorio. A questo va aggiunto che i vigili del fuoco con due fonogrammi, uno del primo e un altro del 17 dicembre 2015, hanno dichiarato l’edificio non sicuro per via delle stufe e dei fornelli elettrici da cucina presenti nei vari “appartamenti”.

L’interno di Palazzo Curtatone

Appartamenti nei quali vivono un numero indefinito di migranti. “Al momento siamo circa 8/900 perché alcune persone, alcuni amici, stanno arrivando dalla Sicilia e da altre parti per vivere qui con altri amici, proprio come una famiglia”, spiega Adhanom Alem, il portiere mentre ci fa visitare i primi tre piani del palazzo dove è presente una sala per le assemblee con un’opera d’arte antica posta sulla parete principale e dove i pavimenti in marmo ‘ospitano’ i passeggini dei neonati e le partite di calcio dei bimbi. Le parole di Adhanom ci fanno capire che dentro il palazzo c’è un via vai continuo di persone che le forze dell’ordine non riescono ad identificare e, perciò, tutto lascia pensare che possa essere un luogo appetibile per la malavita. Secondo lui, poi, a pagare le bollette di acqua e luce è il governo, mentre, in verità, noi sappiamo che sono tutte a carico dei proprietari.

A telecamere spente, invece, l’eritreo Mek ci racconta di sopravvivere grazie ai pasti della Caritas e si domanda: “Perché lo Stato non ci aiuta? In Svizzera e in Norvegia Germania danno tutto, sia il lavoro sia la casa, qui non abbiamo nulla”.

Noi, invece, ci chiediamo: Ma, se questi profughi sono così poveri, come hanno fatto a dotare il palazzo di antenne paraboliche e ad arredare la loro casa con tanto di microonde, televisore e lettore dvd? E, tutto questo avviene mentre migliaia di terremotati del Centro Italia, che hanno perso amici, familiare e la propria casa, si apprestano a passare l’inverno nei tendoni della Croce Rossa o in container e case di legno improvvisate.

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