Cronache

Parlava male al figlio dell'ex marito: condannata a 30mila euro di multa

Storica sentenza del Tribunale di Roma nei confronti di una donna, separata, accusata di "palesare disapprovazione nei confronti del coniuge". Per i giudici deve cambiare atteggiamento o rischia la modifica delle condizioni dell'affido

Parlava male al figlio dell'ex marito: condannata a 30mila euro di multa

State attenti a parlare male dell'ex coniuge, specie se ci sono figli di mezzo. Potrebbe costarvi molto caro. Il Tribunale civile di Roma ha condannato una donna, in primo grado, a 30mila euro di multa che parlava male del padre di suo figlio. Sanzionato l'atteggiamento della donna, che non ha cercato di riavvicinare il figlio al padre, "risanandone il rapporto nella direzione di un sano e doveroso recupero necessario per la crescita equilibrata del minore, ma al contrario ha continuato a palesare la sua disapprovazione in termini screditanti nei confronti del marito". Nella sentenza si legge, nero su bianco, che un genitore deve impegnarsi per "consentire il giusto recupero del ruolo paterno da parte del figlio", soprattutto nella sua posizione di genitore collocatario, quello con cui il figlio vive quotidianamente.

Oltre alla sanzione arriva anche un monito: portare avanti questa condotta può portare alla riconsiderazione delle condizioni di affido. I genitori sono dunque invitati non solo a rispettarsi e a tenere un comportamento da persone civili e adulte, ma in primo luogo a operare tenendo conto soprattutto dell'interesse del loro figlio. A rischio, viene detto papale papale, c'è l’affidamento del minore in caso di divorzio o separazione. Il Tribunale punisce un atteggiamento spesso molto diffuso, in cui i genitori tendono a farsi la guerra sulle spalle dei figli, usati, tristemente, come strumenti di "ricatto". La giurisprudenza sottolinea il diritto dei figli ad avere entrambi i genitori. Un diritto che è pure un dovere per i genitori, così come tutelato anche dall'Unione europea.

"La decisione - commenta Aiaf (Associazione italiana per la famiglia e per i minori) non è la prima di questo genere, poiché si basa su una legge di 10 anni fa. Il clamore derivante dalla cifra concessa va in realtà ridimensionato; si trattava infatti di un divorzio molto conflittuale, con uno dei figli che rifiutava da tempo di vedere il padre anche per colpa della continua denigrazione fatta dalla mamma, donna assai benestante".

"La cifra di 30.000 euro è motivata dalla gravità dei fatti ed è commisurata alla situazione patrimoniale della donna; una somma inferiore, probabilmente, non l’avrebbe dissuasa dal proseguire nel suo comportamento non corretto".

L'associazione infine evidenzia l’importanza della decisione in quanto conferma, indirettamente, che il risarcimento del danno può essere uno strumento valido di cui, però, non si deve mai abusare, per evitare di “mercificare” gli affetti.

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