Politica

Vertice di centrodestra, telefonata Salvini-Cav. Ma Letta aspetta Draghi

Matteo Salvini cerca di incarnare in questa stagione politica il ruolo del regista. Non è il solo. C'è almeno un altro personaggio che si muove sulla scena con le stesse intenzioni

Partita del Colle, Salvini sente il Cav

Matteo Salvini cerca di incarnare in questa stagione politica il ruolo del regista. Non è il solo. C'è almeno un altro personaggio che si muove sulla scena con le stesse intenzioni. Si chiama anche lui Matteo e di cognome fa Renzi. A una manciata di giorni dall'inizio delle danze sul Quirinale i due non si stanno di certo nascondendo. Il ruolo che vogliono interpretare appare chiaro. Salvini, per ora, si presenta come il tessitore della strategia principale. I numeri dicono che l'iniziativa tocca al centrodestra. Il candidato naturale resta Silvio Berlusconi. L'incertezza è nelle variabili, che Salvini non mette per ora sul piatto. «Non ho piani B, C o D e non commento i se. Stiamo lavorando per una scelta veloce e di alto livello, convincente per tanti, se non per tutti. A differenza di Letta non mettiamo veti nei confronti di nessuno». Questa volta è stato lui a chiamare il vertice con i suoi alleati di coalizione. In serata c'è stata anche una telefonata, definita cordiale, con Berlusconi. L'appuntamento è per giovedì ancora una volta sull'Appia antica, a Villa Grande, nella casa che fu di Zeffirelli. Non è ancora tempo per Berlusconi di sciogliere la riserva. Non dirà questa settimana se intende andare fino in fondo. È un passo da fare quando i conti saranno più chiari. Il giorno delle scelte dovrebbe arrivare lunedì, con il primo scrutinio, un attimo prima. Non è questa una partita da giocare al buio. Le alternative che spuntano ogni giorno a destra restano rumori di fondo. A Tajani hanno evocato Tremonti, Pera o Frattini e la risposta è sempre la stessa: «Girano tanti nomi, ma il centrodestra è Berlusconi».

Salvini ribadisce che vede ancora Draghi presidente del consiglio. «È una garanzia per tutti». Non è detto che il governo debba per forza restare lo stesso. Draghi potrebbe essere il capo di un esecutivo più forte. «Invito tutti i leader di partito a metterci la faccia ed entrare in prima persona in campo». È un modo per stanare il Pd, che resta spaesato e sulla partita del Colle riesce a dire solo chi non vuole, giocando ancora la carta difensiva dell'anti identità.

Se Enrico Letta protegge il vuoto, Renzi immagina un colpo di teatro. Si è scelto il terreno dello scenario alternativo, magari a sorpresa. Ricorda a tutti come è andata l'ultima volta, con lui che porta Mattarella al Quirinale. «Non mi aspetto ringraziamenti». Ricorda anche che il governo Draghi nasce con la sua scelta di azzoppare la maggioranza Conte. È convinto di poter giocare un ruolo anche in questa avventura. Non gli dispiace la fama di uomo dell'ultimo passaggio. Il risultato, chiaramente, non è scontato. L'obiettivo è costruire una trattativa parallela su Quirinale e Palazzo Chigi. Sono, per Renzi, le due facce della stessa medaglia. Non si può ragionare come se fossero due affari separati. Il punto centrale della sua strategia è Draghi. Fa capire che il nuovo Mattarella non può che essere l'attuale premier. Il non detto è che a guidare un governo dei leader potrebbe essere lui, Matteo da Rignano sull'Arno. Lo avrebbe detto, semiserio, in una riunione «centrista». Il piano come si vede è parecchio ambizioso. Renzi comunque lo racconta così: «O ci va Draghi, che è una grandissima figura per Palazzo Chigi e anche per il Quirinale, o ci va una personalità che raccoglie un consenso ampio. Se si decide che tocca a Draghi, allora bisogna fare un accordo contestuale sul governo». Renzi gioca sulla paura dei parlamentari di andare al voto. Allo stesso tempo scommette sulla fragilità di Pd e Cinque Stelle, sulla rinuncia di Berlusconi e su un patto a due con Salvini. I «se» come si vede sono tanti. Renzi però è un attaccante puro e ama le scommesse al limite. Il tutto è condito con un messaggio rassicurante: il patto di fine legislatura. La variabile resta Berlusconi.

Tutto dipende dal suo ruolo: punta o vero regista? A presto le risposte.

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