«L'ipertensione polmonare cronica tromboembolica (Ipcte) è l'unica forma di ipertensione polmonare guaribile», afferma il professor Andrea Maria D'Armini, responsabile della struttura di chirurgia trapiantologica cardiopolmonare e dell'ipertensione polmonare, del Policlinico San Matteo (Irccs), università degli Studi di Pavia.
É il Centro italiano di riferimento nazionale per la diagnosi e la terapia della Ipcte. «La causa di questa malattia - precisa D'Armini - è uno o più episodi di embolia polmonare acuta i cui emboli non si sono sciolti, ma sono evoluti in materiale tromboembolico cronico che ostruisce completamente o riduce di calibro vari rami arteriosi polmonari. L'evoluzione è progressiva e sempre più grave verso lo scompenso cardiaco e l'insufficienza respiratoria».
Nel mondo, oltre a Pavia, sono quattro i Centri che eseguono questo intervento di cardiochirurgia conservativa con più di 50 interventi - anno e con ottimi risultati. Oltre a Pavia, dove sono stati eseguiti più di 570 interventi di endoarteriectomia polmonare (EAP), 86 nel 2013, gli altri centri sono San Diego-California (dove l'intervento è stato inventato), Parigi, Cambridge e Bad Nauheim in Germania.
«L'ipertensione polmonare in genere (ne conosciamo cinque gruppi) è una malattia grave che ha una storia naturale simile a quella dei tumori maligni non trattati. La forma tromboembolica cronica - aggiunge il professor D'Armini - è l'unica che può essere trattata con successo. Si rimuove il materiale tromboembolico cronico dalle arterie polmonari che risultano in questo modo ripulite. Il sangue torna a circolare nelle arterie polmonari con la scomparsa dell'ipertensione polmonare, dello scompenso cardiaco e dell'insufficienza respiratoria».
Un tempo, quando questo intervento non esisteva, l'unica alternativa era il trapianto bipolmonare o, nei casi più avanzati, quello dell'intero blocco cuore-polmoni. Una terapia trapiantologica è limitata dallo scarso numero di donatori rispetto all'entità del fabbisogno. Un intervento cardiochirurgico conservativo non presenta invece di per sè limitazioni numeriche
«Un tempo a Pavia venivano inviati pazienti quasi esclusivamente dalle province e dalle regioni limitrofe mentre oggi circa il 50 % dei pazienti (86 operati nel 2013) proviene dai Centri più lontani. Dopo l'intervento l'unica terapia è l'anticoagulazione a vita.
Generalmente si riesce ad ottenere l'abbandono dell'ossigeno-terapia nella quasi totalità dei pazienti, a fronte di una ossigeno-dipendenza pre-operatoria superiore al 50%. In presenza di una terapia anticoagulante adeguata, l'esito dell'EAP è ritenuto permanente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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