Cronache

pazza". Così i legali vogliono "salvare" la mamma di Diana

Gli avvocati della difesa puntano a dire che Alessia Pifferi ha problemi psichici. La donna è chiusa a San Vittore in isolamento e non sembra rendersi conto di ciò che ha fatto

"È pazza". Così i legali vogliono "salvare" la mamma di Diana

Gli avvocati della difesa puntano a dire che Alessia Pifferi, la madre della piccola Diana, la bimba lasciata da sola in casa per 7 lunghi giorni e portata a morire di fame e di sete, è pazza. Secondo quanto emerso finora dall'esame autoptico a cui è stato sottoposto il corpicino della bambina di soli 18 mesi, Diana è morta per ‘consunzione’, ovvero lo stato patologico caratterizzato da progressiva diminuzione del peso corporeo, decadimento del trofismo e delle funzioni fondamentali, sopraggiunto dopo giorni di agonia. Nel suo stomaco c’era una piccola quantità di materiale, lo stesso che era stato rinvenuto anche sotto il cuscino appoggiato al lettino da campeggio dove Diana era stata lasciata dalla madre, che adesso si trova in carcere a San Vittore. Questo materiale deve ancora essere analizzato e per il momento non si sa cosa sia.

Verrà eseguita una radiografia

I prossimi esami che verranno eseguiti sono quelli sui prelievi di tessuti, oltre a una radiografia sullo scheletro per valutate se vi fossero alcune fratture precedenti al decesso. Fondamentali alle indagini saranno gli esiti delle analisi eseguiti dagli agenti della polizia Scientifica sul latte del biberon che era accanto alla piccola vittima. Importante sarà riuscire a capire se nel latte ci fosse del benzodiazepine, un potente sedativo. Una boccetta di farmaco è stata trovata nell’abitazione e potrebbe essere stata utilizzata dalla Pifferi per stordire la figlia ed evitare così che il suo pianto potesse allertare i vicini di casa. L’autopsia ha rivelato che Diana è quasi sicuramente morta almeno 48 ore prima del ritrovamento, ma tutto verrà spiegato per filo e per segno all’interno del documento ultimo che i medici depositeranno sul tavolo del pubblico ministero Francesco De Tommasi.

Con ogni probabilità, nei prossimi mesi sarà fatta una richiesta di processo con rito immediato per omicidio volontario pluriaggravato a carico della madre 37enne di Diana, che in carcere appare frastornata. Nel caso in cui venisse appurato che era stato aggiunto al latte del benzodiazepine, l’accusa di omicidio volontario potrebbe aggravarsi e alla donna verrebbe contestato il pieno dolo e la premeditazione. Intanto, i nuovi legali della difesa, gli avvocati Luca D’Auria e Solange Marchignoli, hanno affidato l’incarico per la consulenza difensiva ai professori Giuseppe Sartori e Pietro Pietrini. Questi ultimi in passato si erano già occupati di vari casi di omicidio, tra i quali anche la strage di Erba. I difensori hanno spiegato che“a breve comincerà un lavoro per capire il percorso mentale che ha potuto portare a un fatto così tragico”.

Si cerca il padre di Diana

Prosegue anche l’esame del contenuto del telefono della 37enne per ricostruire le sue relazioni e rintracciare il padre biologico di Diana che potrebbe rivelarsi determinante anche nella conferma di alcune dinamiche ancora poco chiare. La Pifferi aveva detto durante l’interrogatorio di non sapere chi fosse il papà di sua figlia. Gli inquirenti stanno adesso cercando di identificare tutte le persone che possono aver avuto a che fare con l’imputata, così da avere un quadro il più possibile attendibile di quanto è avvenuto e anche per incrociare le varie testimonianze.

Davanti al gip Fabrizio Filice, la donna aveva confessato l’omicidio spiegando di aver scelto di stare in quei tragici giorni con il suo compagno a Leffe, in provincia di Bergamo, per"avere un futuro con lui", piuttosto che tornare dalla figlia. La Pifferi si trova ora rinchiusa in isolamento nel carcere di San Vittore, dove è sorvegliata a vista. A volte piange e non sembra rendersi conto della situazione, non ha mai chiesto della figlia e non ha mostrato dolore per quanto fatto. Diversi cittadini stanno inviando mail alla procura di Milano chiedendo venga fatta giustizia. Tra queste, quella della mamma di un bimbo di 13 mesi che ha scritto: "Non dormo la notte, mi auguro un ergastolo senza sconti".

La madre e la sorella di Alessia, Maria e Viviana, sono per il momento considerate parti offese, solo più avanti si vedrà se il giudice le ammetterà come parti civili.

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