La crisi demografica è una malattia che, almeno in Italia, ormai non si cura più con le aspirine dei bonus. Giusto garantire e magari aumentare l'assegno per i figli e tutte le altre forme di sostegno alla maternità, ma è evidente che la china verso cui stiamo scendendo è ormai simile a un precipizio. C'è molta inconsapevolezza, a questo proposito. I dati dell'Istat solo di recente vengono accolti dai media con un ritardato allarme, ma nell'opinione pubblica non c'è sempre la piena coscienza del rischio che stiamo correndo. Non si tratta di difendere l'italianità anche le donne immigrate in Italia si adeguano a fare meno figli ma di garantire la tenuta sociale del Paese, cominciando dal Welfare e dalle sue prestazioni essenziali.
A partire dalla pensione. Il sistema a ripartizione, che vige in Italia, è un'ottima forma di patto generazionale, a condizione che ci siano nuove generazioni. Con il sistema a ripartizione la mia pensione sarà pagata dai contributi di mio figlio, così come io ho pagato quella di mio padre. Il calcolo della prestazione è ormai contributivo (più ho versato, più avrò) ma il metodo è a ripartizione e presuppone una continuità di versamenti senza i quali i pagamenti (quelli in essere, non quelli futuri) potrebbero non poter più essere erogati.
Meno figli (siamo a un tasso di fecondità di 1,13 figli per donna: il minimo storico) vogliono dire meno lavoratori nel prossimo futuro; quindi, meno salari, quindi meno contributi previdenziali. Alla fine, meno pensioni. È inevitabile.
C'è un modo per connettere in modo diretto ed esplicito la crisi demografica con la leva previdenziale? Sì, anche se potrebbe suonare inatteso e persino provocatorio: premiare con una pensione più alta (molto più alta) i genitori che fanno più di due figli. Una scommessa sul futuro, tra generazioni, con il ruolo della garanzia dello Stato.
Dare più figli alla Patria? Immagino già qualche Pierino che sbeffeggia l'idea con l'eco di formule inadeguate e inopportune. Ma la sostanza è questa: dopo un lungo periodo di ideologia anti-natale si è costruita una cultura refrattaria a guardare pragmaticamente al futuro proprio, della propria famiglia, della società nel suo insieme.
L'intuizione di collegare la prestazione previdenziale alla fecondità delle donne era già presente nella riforma Dini del 1995, offrendo l'opportunità (alle madri con più di due figli) di uscire in anticipo o di ottenere un coefficiente di trasformazione più alto. Ma l'idea è rimasta nelle pieghe di una serie di novità che sono state ben più percepite e praticate per iniziare una prima grande riforma delle pensioni in Italia. Nel 1995 nacquero 526.064 bambini, e sembravano pochi. Nel 2024 le nascite sono state 369.944, in calo del 2,6% sull'anno precedente e del 42,2% rispetto al 1995! E il 2025 sarà peggio.
Quindi se già trent'anni fa il collegamento tra numero di figli e pensione era stato immaginato, a maggior ragione oggi si potrebbe avere l'ardire di architettare una modalità per collegare il coraggio di fare figli a una convenienza personale (una prestazione previdenziale molto più premiata, visto che è differita nel tempo), e una convenienza sociale: è un dato di fatto che la denatalità renderà tutti più poveri. Meno nati, meno lavoratori, meno Pil, meno contributi previdenziali, ma anche meno fiscalità generale da tradurre in servizi per la comunità.
Si tratta di avere il coraggio di progettare una proposta disruptive che coniughi esplicitamente l'investimento di fare figli con un premio a lunga scadenza (nell'orizzonte di un risparmio finanziario potremmo paragonare a un Btp trentennale, non incassabile fino a scadenza) che si traduca in una grande convenienza; non un ritocco al coefficiente di trasformazione, ma un radicale intervento, che porti a un incremento di almeno il 50% della prestazione previdenziale raggiunta a scadenza (di vecchiaia o anzianità). Una pensione più ricca di 800-1000 euro al mese, almeno. Una motivazione economica, nel proprio orizzonte di vita, potrebbe suggerire e confortare (oltre ai bonus, ineliminabili e magari rafforzabili) un mutamento di cultura e di abitudini. Un'iniezione di ragionevole coraggio. Uno sguardo al futuro, garantito dal patto tra generazioni con lo Stato (che beneficerebbe in termini di fiscalità e di Pil).
La Dini riversava il (modesto) vantaggio solo sulle madri.
Dopo trent'anni si potrebbe fare un ragionamento che tenga conto dell'evoluzione della genitorialità, allargando e comprendendo anche i padri. Fare più figli è una necessità ormai conclamata, bisogna pensare a come pagare il coraggio. Questo potrebbe essere un modo.