Cronache

Perché un divorziato deve essere a Verona oggi

Perché un divorziato deve essere a Verona oggi

Fermi tutti. Al Congresso di Verona sulla famiglia possono andare solo gli eterosessuali monogami con figli rigorosamente naturali e concepiti secondo le regole di Madre Natura purché avuti durante il matrimonio, ovviamente contratto secondo le regole di Santa Romana Chiesa. Astenersi divorziati e more uxorio. Così hanno deciso le vestali del politicamente corretto, talmente ossessionate dalla manifestazione di Verona (che inizia oggi) da decidere persino chi avrebbe veramente titolo di andarci e chi no. Loro la chiamano ipocrisia, e ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

Perché, stando al codice etico di Fatto quotidiano e La Stampa, è una vergogna che uno dei dibattiti sulla famiglia sia moderato da «un'ultrà della cattodestra» (Il Fatto) come Alessandro Sallusti «direttore del Giornale, con una lunga convivenza con Daniela Santanchè alle spalle» o peggio da «Elisabetta Gardini, parlamentare europea di Forza Italia, divorziata, un figlio» (La Stampa). Anatema, anatema: sul palco ci saranno anche «Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia: un figlio, un compagno e nessun matrimonio», «il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti, separato, un figlio», e addirittura quel peccatore di Matteo Salvini, che interverrà domani alle 16, nonostante «due figli da due donne diverse, la seconda nata fuori dal matrimonio, ora fidanzato con la figlia di Denis Verdini» (sempre La Stampa). Tutto chiaro, no? È come dire che se sei etero non puoi andare al Gay pride, sennò sei un ipocrita o una «criptochecca» perché lì ci vanno solo gli omosessuali, e solo quelli che non hanno mai avuto un'esperienza etero, figurarsi. O che solo i gay sono favorevoli all'utero in affitto. O, peggio ancora, è come dire che solo i partigiani che hanno fatto la seconda guerra mondiale possono sfilare il 25 Aprile.

È un'idiozia solo pensarlo, ma tant'è. Invece è esattamente il contrario. Il divorziato può, anzi deve andare a Verona. È il malato che va dal medico, è il peccatore che va in Chiesa. Perché dietro ogni separazione c'è lo stesso dolore, che si creda in Dio oppure no. La famiglia naturale non è un miraggio ma è un archetipo, un ideale. Che a volte sfugge, perché siamo umani, non santi come ci vorrebbe la religione. L'ha capito anche il Papa, con i suoi spiragli alla comunione per i divorziati. I veri sepolcri imbiancati di ipocrisia stanno a sinistra. Perché sotto sotto c'è davvero chi pensa che il 25 Aprile la Brigata ebraica non abbia il diritto di sfilare. Anche dentro il mondo Lgbt c'è una guerra sotterranea sull'utero in affitto, perché Arcilesbica da tempo considera «l'esternalizzazione della gravidanza antifemminista, coloniale e disumana, perché così le donne mettono a rischio la loro salute per l'estrazione di ovociti o per la gravidanza e il parto in cambio di denaro». Che è esattamente quello che pensano gli organizzatori del Congresso della famiglia di Verona, perché non è vero che i diritti sono gratis, c'è qualcuno che paga dazio e spesso sono i bambini cresciuti senza il diritto di potere avere una (sola) mamma e un solo papà.

Il divorzio, poi... Palmiro Togliatti lo definiva «innaturale» nonostante la relazione extraconiugale con Nilde Iotti, consumata sotto gli occhi di tutti. È solo negli anni Settanta, appena prima del referendum, che il Pci ne cavalcò l'idea. La legge 194 sull'aborto, a cui secondo i pro life serve un tagliando, nacque perché negli anni Cinquanta e Sessanta gli uomini imponevano alle donne di essere madri dopo un atto sessuale. Oggi non è più così, e bisogna avere il coraggio di dirlo.

Quanto al mondo omosessuale, la sinistra ha tantissimo da farsi perdonare, ed è per questo che soprattutto il Pd si ostina ad assecondarne le idee e le pretese. Perché negli Anni Settanta i gay non li sopportava proprio, e ce lo ricorda Pier Paolo Pasolini, espulso dal Pci per «indegnità morale» e Nichi Vendola, che in un pezzo di qualche anno fa di Mila Spicola confessò: «È stato forse più facile dire la mia omosessualità ai preti che al partito». C'è una scena del film La patata bollente in cui Renato Pozzetto viene processato dai compagni perché ospita «quel culattone» di Massimo Ranieri, uno che va «allontanato perché sennò ti contagia». Enrico Berlinguer una volta definì Jean-Paul Sartre «un degenerato lacchè dell'imperialismo, che si compiace della pederastia e dell'onanismo». Allora i gay erano degli appestati, oggi ogni voto torna buono. L'aveva intuito negli anni Ottanta Giancarlo Pajetta, che una volta scoprì che a Botteghe Oscure era entrata la prima delegazione gay e sbottò: «E prima le puttane, e adesso i finocchi. Ma che c è diventato questo partito?». Il Pd, caro Pajetta.

Il Pd.

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