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"Perché non muori"? E Alessandro avvelena la madre con la pasta

Alessandro Leon Asoli, 19enne di Cereleto, è accusato di aver avvelenato la madre e il patrigno con del nitrito di sodio. S'indaga per omicidio e tentato omicidio

"Perché non muori"? E Alessandro avvelena la madre con la pasta

"Ma come ca... è che non muori neanche col veleno?". Sarebbe questa la frase choc che Alessandro Leon Asoli, diciannovenne di Cereleto di Caselecchio del Reno, avrebbe detto a sua madre - M.M. le iniziali del nome - mentre tentava di strangolarla dopo aver già provato ad avvelenarla con un piatto di pasta "corretto" con del nitrito di sodio. Il compagno della donna, Loreno Grimaldi, è morto subito dopo aver consumato la pietanza.

Il racconto della madre

I fatti risalgono pressappoco alle ore 22 di giovedì 15 aprile, in un appartamento di via della Costituzione, a Ceretolo di Casalecchio del Reno, in provincia di Bologna. Il 19enne ha avvelenato la cena della madre, 56 anni, e del suo nuovo compagno, Loreno Grimaldi, 57 anni. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il ragazzo si sarebbe offerto di cucinare per entrambi un piatto di pennette al salmone salvo poi aggiungere alla pasta del veleno. Subito dopo aver consumato il pasto, il patrigno è caduto al pavimento privo di vita. La mamma, che per sua fortuna non aveva finito la pietanza, è stata poi aggredita dal figlio: il giovane avrebbe tentato di strozzarla a mani nude prima di darsi alla fuga.

"Appena cenato – ha spiegato la cinquantaseienne ai militari –Loreno ci ha detto: ‘non mi sento bene, mi stendo un attimo sul divano’. Io avevo assaggiato due forchettate di pasta, lasciando il resto perché troppo salata". A quel punto, spiega il quotidiano Il Resto del Carlino, Alessandro avrebbe inscenato una crisi di nervi, urlando: "Ecco, io non sono capace neppure di preparare la cena, hai ragione a dirmi che sono un fallito". Poi, avrebbe chiesto alla mamma, di raggiungerlo nella sua stanza per aiutarlo a calmarsi. "Aveva acceso lo stereo ad alto volume, in modo tale da impedire - ricostruisce la donna - che riuscissi a sentire i lamenti di dolore di Loreno", che intanto moriva per gli effetti del veleno in soggiorno.

"Mi abbracciava, mi diceva resta qui – ha spiegato ancora M.M. –, mi sembrava strano da lui questo atteggiamento così tanto affettuoso. E quando gli ho detto che sarei andata a vedere come stava Loreno di là, allora è scattato. Mi è saltato al collo, tentando di soffocarmi, urlando 'neanche il veleno ti ammazza!'".

I soccorsi e la fuga

Ad allertare il 112 sarebbero stati alcuni condomini della palazzina, allarmati dalle grida disperate delle 56enne. "Il volto era una maschera di sangue", ha raccontato un testimone. Sul posto sono intervenuti i militari della Compagnia di Borgo Panigale e i sanitari del 118. La donna è stata trasportata in codice rosso all'ospedale Maggiore di Bologna dov'è ancora ricoverata: le sue condizioni non desterebbero preoccupazioni. Per il compagno, invece, non c'è stato nulla da fare, sarebbe morto su colpo. Il ragazzo, invece, dopo aver nascosto il nitrito di sodio nella sua camera ha tentato di rifugiarsi a casa dei nonni, dove è stato prontamente intercettato dai carabinieri e condotto in caserma per l'interrogatorio.

Il nitrito di sodio

"Il nitrito l’ho comprato io. Sono uno squilibrato, voglio togliermi la vita – ha detto Alessandro ai militari –. Ma la pasta non l’ho avvelenata io. E' stata mia mamma a mettere il veleno nella pasta". Si sarebbe difeso così il 19enne durante l'interrogatorio successivo al fermo. Ma la sua versione dei fatti appare poco plausibile dal momento che l'unico piatto privo del veleno era proprio il suo. Interrogato dal Gip Giancluca Petragni, il ragazzo avrebbe risposto a tutte le domande salvo però fornire un racconto piuttosto laconico e confuso. Ad ogni modo, dovrà rispondere dell'accusa di omicidio e tentato omicidio: ieri, gli è stata notificata la convalida del fermo.

Il diciannovenne avrebbe acquistato online la confezione di nitrito di sodio, ritrovata poi dai carabinieri, giovedì sera, tra le cose del ragazzo nella sua stanza. La sostanza, utilizzata in piccolissime dosi per la conservazione delle carni, è un caustico che in quantità elevate brucia e corrode il tratto gastroenterico".

"Volevo uccidermi"

Giorni prima dell'accaduto, Alessandro avrebbe provato ad uccidersi andando a schiantarsi con l'auto. Per questo motivo, l’auto, gli è stato attribuito un codice ‘C’, ossia di elevato rischio suicidiario eadesso è guardato a vista dalla polizia penitenziaria. La Procura e la difesa hanno già disposto perizie psichiatriche sul ragazzo, già seguito da uno psichiatra prima della tragedia. Quello che è emerso in questi due giorni, è un profondo conflitto con la madre, con la quale discuteva spesso. Il patrigno, invece, avrebbe fatto sempre da paciere provando a mitigare le tensioni familiari. Chi lo conosce, descrive il ragazzo come una persona mite e gentile. Eppure potrebbe aver pianifico un diabolico per uccidere la mamma e il compagno.

In attesa che la Procura disponga l’autopsia e l’esame tossicologico sul corpo di Grimandi, per capire se sia stata la pasta al salmone ad avvelenarlo o altro, i militari del Nucleo investigativo, assieme alla Scientifica dell’Arma, dovranno analizzare i resti di pasta e il contenuto di un bicchiere trovato accanto ai fornelli in cucina.

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