Portofino, il miracolo dopo l'alluvione

Portofino, il miracolo dopo l'alluvione

La Piazzetta è una piccola Venezia e un cortile sul mondo. Si parla spagnolo, francese, inglese, fra flute colme di bollicine e sguardi accaldati. Nell'acqua senza vento sonnecchiano yacht ambiziosi che nemmeno qui possono passare inosservati. Uno sguardo d'invidia e i turisti s'infilano nella penombra invitante di bar e ristoranti. Il serpentone delle auto deve attendere il semaforo verde poco prima di Paraggi, all'altezza (...)

(...) del castello fiabesco in cui abitano Pier Silvio Berlusconi e famiglia. Ma è un'attesa dolce come un'aspirina dopo la febbre a 40 e un mezzo miracolo: 120 metri di strada si erano letteralmente sciolti nell'acqua, come zucchero nel tè, fra il ribollire di onde alte anche 12 metri, la notte del 29 ottobre. Uno spettacolo terrificante, mai visto da queste parti. Quel territorio sfregiato sembrava condannato a un lungo isolamento e a una stagione al ribasso. E invece no. «Avevamo detto che avremmo riaperto la strada per Pasqua e tutti ci davano dei pazzi - racconta Matteo Viacava, primo cittadino di questo presepe internazionale e maestro d'ascia nella vita ordinaria -, si vede che siamo matti davvero, perché il 6 aprile, in anticipo sulla scadenza, ce l'abbiamo fatta. Si procede a senso unico alternato, ma a fine mese si torna alla viabilità tradizionale e per l'occasione inauguriamo anche la nuova passerella a sbalzo». Che sostituisce la precedente, inghiottita come tutto il resto dalla mareggiata più vorace di uno squalo.

La cartolina strappata è stata ricomposta. Anzi, le tre cartoline: Rapallo, Santa Margherita Ligure, Portofino. Le immagini di quella notte sembrano quelle di un documentario di guerra: il porto di Santa Margherita spezzato in due, il lungomare di Rapallo invaso da yacht scagliati come birilli dalle onde e dalla corrente, i pontili e i giardini spazzati via, la strada verso Paraggi affondata come fosse una nave. E ancora si ringrazia il cielo perché nessuno se n'è andato all'altro mondo fra azioni eroiche e episodi rocamboleschi. Uno per tutti: un tecnico scivola al buio in un tombino allagatissimo e sparisce fra quei gorghi indiavolati. Ma passano due secondi e quel fiume sotterraneo lo sputa fuori. Due ragazzi, pronti, lo afferrano al volo e lo salvano. Una scena che parrebbe eccessiva persino al cinema. Un altro record in una terra martoriata e risorta con tempi cronometrici. «È presto per tentare bilanci, ma gli albergatori - gongola il sindaco di Santa, Paolo Donadoni, avvocato con laurea pesante in filosofia del diritto e autore di favole per bambini - mi dicono che le prenotazioni per luglio e agosto seguono un trend molto positivo, meglio dell'anno scorso». Donadoni porta il cronista al porto, ferito dal drago marino, e mostra con orgoglio i progressi compiuti. Appalti per 15 milioni di euro: «La prima parte l'abbiamo già ripristinata, la seconda viene collaudata fra dieci giorni e questo agevolerà il ritorno dei grandi yacht e dei flussi più importanti; la terza tranche richiederà uno sforzo supplementare, anche perché dobbiamo attrezzare una nuova diga e massi poderosi, in grado di respingere il mare quando si scatena, come il 29 ottobre». Parla sotto il sole a picco, il sindaco, e i raggi illuminano i fondali e blocchi interi delle vecchie opere, sprofondate là sotto in una specie di Pompei.

È tutta una corsa contro il tempo. Anche a Rapallo, dove si lavora a terra e in mare. Gru e macchine dai denti aguzzi sollevano tonnellate di sabbia per ridare la giusta profondità ai fondali; a terra, invece, siamo alle rifiniture. «Laggiù in fondo - e il primo cittadino Carlo Bagnasco, il politico più politico del terzetto, figlio di Roberto Bagnasco, deputato di Forza Italia, indica con il dito un punto - c'è una balaustra da sistemare, ma la mattina del 30 ottobre sull'asfalto e fra i tavolini dei bar c'erano i relitti di 49 imbarcazioni spiaggiate». Anche qui la ricostruzione è avanti - più indietro semmai è il porticciolo in mani private - e Bagnasco impugna la bacchetta, forte di una fresca rielezione con uno stratosferico 78,6 per cento. Eccoli, i tre «tenori»: Bagnasco, Donadoni, Viacava. Sono gli uomini chiave di questa storia luminosa e controcorrente in un Paese sfilacciato e incartato. Loro tre, tutti di centrodestra, e Giacomo Giampedrone, l'assessore regionale alla Protezione civile, l'artefice dietro le quinte della riscossa insieme al governatore Giovanni Toti. «Ci abbiamo sempre creduto - ripetono all'unisono - e da Genova Giampedrone e Toti ci hanno aiutato in tutti i modi». Telefonate notturne. Blitz all'alba. Soldi sbloccati. Decisioni coraggiose in deroga alle pastoie burocratiche.

«In certi momenti - spiega Giampedrone, che non si è mai arreso nell'anno disgraziatissimo del Ponte Morandi - bisogna saper prendere delle decisioni. Ma poi i risultati arrivano». E un lembo incantato di Liguria dà una lezione di speranza a tutta Italia.

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