Cronache

Il pranzo dell'amore nelle carceri italiane

È giunta all'ottava edizione l'iniziativa che porta chef stellati e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo in alcune carceri italiane per condividere il pranzo di Natale

Il pranzo dell'amore nelle carceri italiane

È arrivata all’ottava edizione L’altra Cucina... per un Pranzo d’Amore l’Iniziativa organizzata da Prison Fellowship Italia Onlus, Rinnovamento nello Spirito Santo e Fondazione Alleanza Onlus del RnS. Un pranzo stellato realizzato all’interno di alcune carceri italiane. “Una ricetta - così come si legge sul sito di Prison Fellowship Italia Onlus - capace di mescolare insieme la creatività di chef d'eccezione, la generosità di numerosi sostenitori e sponsor, e la disponibilità di personaggi famosi che hanno messo al centro il cuore.

Sono stati circa 800 in varie parti d'Italia, i detenuti che, con alcuni loro familiari, hanno festeggiato il Natale in questo modo. Nella Casa circondariale femminile di Roma Rebibbia, in quella di reclusione Opera di Milano, nell’Istituto penale minorile di Quartucciu a Cagliari e nella Casa circondariale di Ivrea. Inizialmente gli istituti dovevano essere otto, ma: “la ripresa dei contagi e le difficoltà subentrate in alcuni istituti ne hanno resi impraticabili quattro", ha spiegato Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo.

Nonostante questo però, i pranzi realizzati hanno portato un bellissimo momento di forte condivisione in una realtà dai grandissimi problemi, come spiegano le parole di Alessia Rampazzi, direttore della Casa Circondariale Femminile di Roma Rebibbia. “Questo pranzo ha un’importanza particolare, perché dimostra che la società civile non ha dimenticato la realtà delle carceri. Questa fa parte integrante del tessuto sociale per il recupero delle persone affidate alle loro cure".

Non solo cibo per il corpo, ma anche per l'anima, con tanti artisti e giornalisti che hanno dato il loro contributo per un giorno, mettendosi al servizio di questa iniziativa. Come i Cugini di Campagna, Francesca Alotta, Simona Di Bella, Gigi Miseferi e molti altri a Roma. Pier Paolo Pollastri, Aurelio Cammarata, Renzo Sinacori, Eddy Mirabella e Niccolò Torielli conduttore delle Iene, a Milano. Nora Grand e Giovanni Panato ad Ivrea e la corale regionale del RnS a Cagliari. Per capire la portata dell'evento, soltanto a Rebibbia sono stati preparati dallo chef Gianfranco Pascucci del ristorante Pascucci al porticciolo di Fiumicino, 320 pasti. E proprio lui, incontrato in questa occasione, ci ha raccontato la sua emozione per questa esperienza, e anche il goloso menù che ha preparato.

Chef, che effetto le ha fatto cucinare dentro un carcere?

“Sicuramente è una cosa che colpisce molto, soprattutto per me che è era la prima volta che lo facevo. Solitamente la cucina è sinonimo di libertà, e fatta in un ambiente che poi così libero non è, ha un effetto particolare Ho provato una serie di sensazioni che si sono accavallate l'una sull'altra, su un sentimento di fondo di grande gioia”.

Perché ha deciso di accettare questa esperienza?

“Abbiamo deciso, perché è stata la scelta di tutta la squadra del Porticciolo, perché per noi la cucina nella sua radice più vera, è preparare per gli altri. Ovvero mettere a disposizione le tecniche per creare una tavola che possa essere di conforto e in un questo caso, di rivalsa. Cucinando per le detenute, abbiamo incontrato anche tante bravissime ragazze che ci hanno aiutato in cucina, e per loro questa esperienza potrebbe essere importante per il futuro fuori da lì. Questo è stato il motivo principale, che fa parte del nostro modo di pensare alla cucina”.

Ha cucinato con prodotti a chilometro zero, coltivati nell'orto della casa circondariale di Rebibbia. Un modo forse diverso di concepire un carcere.

“E’ stata una grande sorpresa poter assaggiare e cucinare questi prodotti. Portano secondo me anche un grande messaggio, una dimensione importante che abbiamo vissuto nel nostro piccolo, creata da chi gestisce il carcere. È una propensione a fare in modo che il tempo che si passa lì, sia per quanto possibile, una preparazione per poi tornare alla vita libera. Non solo quindi un periodo di punizione, ma un vero e proprio percorso riabilitativo. E questa cosa si percepisce. Coltivare l'orto e raccoglierne i frutti, è un lavoro anche per il futuro, per questo è una cosa molto importante”.

Che cosa ha preparato per questo pranzo e che commenti ha ricevuto?

“Piatti a mio parere giusti per la tipologia dell'evento e per la simbologia del Natale che sono piaciuti molto. Ricette che parlano molto di casa e famiglia, per quanto possibile. Siamo partiti da un’insalata di mare, che è il piatto che tutti abbiamo mangiato da bambini e che piace anche a chi non ama molto pesce. Un primo con zucca e baccalà. Con la pasta condita con una zuppa di pesce povero e zucca, straordinaria, coltivata nell'orto della casa circondariale, con l'aggiunta di baccalà cavolo toscano, sempre a chilometro zero. Come secondo piatto abbiamo cucinato uno stracotto di tonno, lavorato quasi come una coda alla vaccinara. Una sorta di carne di mare, che è diventa una carne di terra, con purè di patate, pecorino romano e basilico. Un piatto goloso molto buono. Per finire il Panettone artigianale della pasticceria Patrizi, con una crema allo zabaione fatta da noi.

Siamo stati molto felici del risultato, e alla fine c'è stato un grande applauso, proprio come quelli che si fanno allo stadio”.

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