Il Private dribbla la crisi Patrimonio a 500 miliardi

Il settore aumenta gli asset in gestione del 6,7% e accompagna i «paperoni» a scommettere sui listini. Bene la raccolta (+2,7%)

Il Private dribbla la crisi Patrimonio a 500 miliardi

Il private banking prosegue la propria fase di crescita. Secondo le stime di Aipb (Associazione italiana private banking), la ricchezza delle famiglie Hnw («high net worth», cioè dotate di patrimoni superiori a 500mila euro) è cresciuta raggiungendo i 985 miliardi di euro grazie soprattutto all'effetto perfomance dei portafogli. Il mercato servito dagli istituti di Private Banking dovrebbe pertanto aver registrato l'anno scorso un incremento annuo degli asset di 31 miliardi a 503 miliardi di euro. Dal periodo successivo alla crisi del 2011 gli attivi in gestione sono aumentati di circa 90 miliardi. L'andamento è stato costantemente positivo e mediamente pari al 6,7% annuo (valore identico al dato tendenziale del 2014).

«La crescita - spiega Bruno Zanaboni, segretario generale Aipb - è dovuta in parte alla gestione dei portafogli che, seppur in un periodo di tassi ridotti, hanno registrato un +3,9% e, in parte, al +2,7% di raccolta netta che ha portato sotto la gestione delle banche private ulteriori 13 miliardi, mettendo in evidenza l'ottimo lavoro svolto dalle reti commerciali». Di questo trend beneficia anche l'evoluzione della quota di mercato del private banking (intesa come rapporto tra la ricchezza finanziaria delle famiglie target e gli asset gestiti dalle banche private ): dal 48% di tre anni fa si è passati ormai costantemente sopra il 51 per cento.

La crescita si accompagna a un'evoluzione dei modelli operativi e gestionali. A fine 2014 si è assistito infatti ad una redistribuzione delle raccolte di settore che vede scendere quella amministrata al 34% e quella gestita salire al 37,6%. I prodotti assicurativi hanno superato il tetto del 10% (11,1%) grazie alla loro flessibilità contrattuale e ad alcuni vantaggi fiscali o successori rispetto agli altri strumenti. Se si entra nel dettaglio, analizzando la composizione dei portafogli private in Italia, le rilevazioni svolte trimestralmente dall'Ufficio Studi dell'Aipb evidenziano come le gestioni patrimoniali rappresentino il 18,4% e i fondi comuni di investimento il 18,5%, tra i quali il 42,1% è rappresentato ancora da fondi obbligazionari, dato in decrescita costante da tre anni.

La riallocazione del mix di prodotti nei portafogli di settore ha avuto ricadute positive sul margine da servizi del private banking: il 57,1% dei ricavi complessivi deriva, infatti, dalla raccolta gestita, mentre solo il 14,2% dipende dalla raccolta amministrata e il 3% può essere classificato come fee di consulenza a pagamento. «Un dettaglio interessante nell'analisi del margine da servizi da raccolta gestita - aggiunge Zanaboni - è rappresentato dal fatto che si tratti di ricavi di natura ricorrente per il 77% del totale».

L'analisi dei patrimoni, invece, mette in rilievo che la componente finanziaria sia la preferita dai clienti private, rappresentando il 44% dei loro asset. Da circa tre anni questa componente ha sopravanzato la parte immobiliare scesa al 38%, molto probabilmente a causa dell'esosa tassazione su case e ville, mentre è rimasta stabile al 38% la componente reale (come veicoli, barche, opere d'arte e gioielli).

I dati positivi sono soprattutto merito delle reti. L'indice di soddisfazione dei clienti private è dell'84% in quanto il referente è percepito come «competente professionalmente» e «capace di comprendere le esigenze e consigliare nelle scelte».

Ovvio, conclude Zanaboni, che la professionalità del private banker sia «il primo driver di scelta della banca private per i clienti e quindi, quando manca, uno dei principali motivi di abbandono». Il rapporto è molto stretto: banker e cliente si incontrano mediamente 15 volte l'anno. Non è solo un momento di analisi del portafoglio, ma soprattutto una continua conferma di fiducia.

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