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Quei responsabili come terza Camera

Racconta Clemente Mastella: "Quei geni dei grillini e del Partito democratico, mentre sto tentando di mettere in piedi i responsabili, hanno votato una norma a Benevento per non farmi candidare a sindaco"

Quei responsabili come terza Camera

Racconta Clemente Mastella: «Quei geni dei grillini e del Partito democratico, mentre sto tentando di mettere in piedi i responsabili, hanno votato una norma a Benevento per non farmi candidare a sindaco». Una contraddizione? Tutt'altro. Ormai Giuseppe Conte ha fatto sua la filosofia dei cosiddetti responsabili, che ha il suo motto in una battuta famosa in tutti «i suk» del mondo: «Prima vedere moneta e poi dare cammello». L'arma di pressione, a quanto pare, funziona in entrambi i sensi, è reciproca: se Mastella sarà di parola, potrà tornare a fare il sindaco di Benevento. È quello che avviene quando lo scontro si fa cruento e si mobilitano finanzieri, monsignori e generali per arruolare senatori. Un armamentario da accompagnare anche alla solita arma ormai usurata, che comunque viene ancora buona per i più allocchi che siedono in Parlamento: la minaccia di elezioni anticipate.

Così, a ben guardare, il piano di Conte per resistere è quello usato da tutti i governanti del mondo: la distribuzione del Potere. Dato che al momento il Premier non è riuscito ancora a strappare la maggioranza al Senato (i calcoli più ottimisti per lui parlano di 155 voti), l'idea è quella di andare alla Camera, dove è sicuro dei voti, per ricevere la fiducia; poi recarsi a Palazzo Madama, contando, sempre che ci sia, sull'astensione dei renziani (quattro a quanto pare non arriverebbero mai a votargli contro) e mettere in piedi un governo che, senza fatti nuovi, risulterebbe di minoranza. Un esecutivo che potrebbe andare avanti con la complicità del capo dello Stato, ma sconterebbe la rivolta delle opposizioni. Un governo che sopravvivrebbe grazie a trattative inconfessabili. E pensare che il capo dei ministri Pd, Dario Franceschini, aveva giurato che la crisi si sarebbe svolta «alla luce del sole». Invece, secondo la strategia di Conte, nei prossimi mesi alle due Camere si affiancherà un suk istituzionale, una Terza Camera, oscura e collaterale, nella quale il premier condurrà le trattative per fortificare la maggioranza di governo.

Per tirarsi fuori dall'imbarazzo nelle prossime settimane Conte, infatti, punterà ad attirare a sé altri «responsabili» con dialoghi «ad personam», specie nelle fila dei renziani e dei centristi. Del resto per uno che nella vita fa l'avvocato d'affari è semplice, significa solo applicare in politica il proprio mestiere. «Ci sono tante persone interessate ha spiegato al suo inner circle , basta convincerle con le lusinghe, la minaccia del voto anticipato e la promessa di un approdo politico. Per questo il ragionamento del partito non è campato in aria. Sono tutte cose, però, che hanno bisogno di tempo».

Per cui se tutte le manovre di questi giorni non garantiranno al governo la maggioranza assoluta in Senato, il governo di minoranza che francamente è una bestemmia in termini in una pandemia sarà una sorta di camera di compensazione, per dare modo al premier di mettere in piedi il suo nuovo soggetto politico. A questo si aggiungono le minacce delle solite veline che filtrano dal Colle, per aiutare il premier: «Se il governo non avrà i voti, ci sarà un governo elettorale». Solo nel mondo, a quanto pare angusto, del Quirinale le uniche opzioni possibili sono Conte o un governo per le urne. Ragionamenti tattici perché rimuovono pie' pari tutte le rampogne fatte in passato dal capo dello Stato per evitare che l'Italia per dirne solo una si ritrovi ad assumere la presidenza del G20 senza governo. Tutti espedienti per solleticare le paure dei parlamentari. Senza contare che un governo elettorale, basta guardare al governo Gentiloni, si sa quando parte, ma non si sa quando finisce. Come insegnò Scalfaro a Berlusconi con il governo Dini, le date sul calendario alle altitudini del Colle sono relative.

Solo che un governo con una maggioranza del genere rischia di essere un boomerang di immagine per tutti i partecipanti. In una situazione di emergenza economica, che nei prossimi mesi potrebbe indurre Conte a promuovere delle manovre, si possono prendere delle decisioni in materia fiscale con il voto decisivo di senatori eletti all'estero che pagano le tasse in altri Paesi? Sul piano della comunicazione un mezzo suicidio.

Per cui l'operazione «salviamo l'avvocato Conte» e il suo secondo governo potrebbe anche andare in porto, ma con un costo politico estremamente elevato. Lo sanno i gruppi parlamentari grillini, che hanno cominciato a rumoreggiare. Appena qualche settimana fa, non un mese fa, il presidente della Commissione Esteri grillino, Vito Petrocelli, dava «per morto» il Conte bis, «difficile» il Conte ter e teorizzava un altro esecutivo con un nuovo premier grillino. Questo tentativo di asserragliarsi nella difesa dello «status quo» usando, per tenere in piedi la maggioranza, i metodi dell'avvocato di affari, potrebbe rivelarsi letale: i grillini, che arrivarono in politica per aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, si ritroverebbero rinchiusi sotto vuoto nella scatoletta del Potere. E i dubbi non mancano neppure dalle parti del Pd. Vale la pena rischiare tanto per un governo in cui il Pd era e resta comprimario? «La cosa più seria teorizza il senatore dem Tommaso Nannicini è che Conte, dopo aver ricevuto la fiducia alla Camera, salga al Quirinale per mettersi nelle mani del capo dello Stato e verificare la possibilità di rimettere in piedi un governo solido».

Parole sagge che si scontrano con i mille rancori che in queste ore albergano nella vecchia maggioranza.

Questo mentre nell'opposizione si respira un'altra aria. Il leader della Lega, Matteo Salvini, infatti, è riuscito a tenere insieme finora tutte le anime del centrodestra. È riuscito ad organizzare una contro-Opa che ha impallato le operazioni di Palazzo Chigi. E ha seguito anche i consigli che gli sono arrivati dagli altri leader dell'alleanza. «Se vuoi tenere unita Forza Italia gli ha consigliato Lorenzo Cesa, leader dell'Udc devi smettere di parlare di elezioni». Cosa che ha fatto. In più ha lanciato una contro-offensiva verso quelle aree grilline a cui l'alleanza con il Pd è andata sempre stretta.

Al punto che ieri, dalle parti dell'opposizione, girava la «voce», forse solo una boutade, che anche alla Camera la maggioranza fosse sul filo dei 315 voti.

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