Politica

Quelle donne competenti Non "quote" ma merito

Quelle donne competenti Non "quote" ma merito

Esistono diversi modi di essere donna, anche in politica. Quando la neopresidente del Senato Elisabetta Casellati rifiuta l'appellativo in -essa, ricorda il caso di Oriana Fallaci che pretendeva di essere chiamata «scrittore». Perché le donne fanno la differenza con le azioni concrete, non per un fatto di desinenze politicamente corrette. Se certi ruoli, tradizionalmente appannaggio degli uomini, non sono declinati al maschile, nessuno dubiterà per questo che tu sia donna. L'insistenza sulla correttezza di genere è oppio dei popoli, vuota retorica, puro formalismo: chiamateci «sindache» e «ministre», la lingua italiana si ribella ma la coscienza è salva. Un paio di anni or sono, al cospetto di una sbigottita Laura Boldrini, Giorgio Napolitano sbottò contro «la trasformazione di dignitosi vocaboli della lingua italiana nell'orribile appellativo di ministra o nell'abominevole appellativo di sindaca». Disse proprio così, il presidente emerito. Boldrini è la stessa che, dopo avere cavalcato ossessivamente la causa rosa, alle ultime elezioni politiche si è prestata al gioco truffaldino delle pluricandidature per consentire l'elezione di altrettanti colleghi uomini. In politica si può essere donne accontentandosi di un ruolo ornamentale per conferire l'agognato «pedigree rosa» a questo o a quel partito, oppure si può intendere il proprio impegno come una sfida ambiziosa in una competizione alla pari con l'altro sesso. Finalmente Forza Italia elegge come capigruppo di Camera e Senato due donne che coronano così un percorso politico specchiato e autorevole. Le loro idee si possono condividere o no, ma non v'è dubbio che Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini siano oggi promosse per un fatto di competenza, non di genere. Quando il ministro Valeria Fedeli, eletta grazie al «paracadute» a seguito della sconfitta nell'uninominale, chiede al proprio partito di individuare almeno una donna al vertice di un gruppo parlamentare, non rende un servizio a noi tutte. Com'è noto, i parlamentari Pd hanno scelto due maschi ma non per questo possiamo sentirci oltraggiate, ohibò. Nelle società evolute le donne competono con gli uomini su un piano di parità, e avanzano, eccome, in quanto persone brave e preparate, non in ragione del sesso con cui sono accidentalmente venute al mondo. Le quote possono aiutarci, d'accordo, ma non facciamone una questione squisitamente aritmetica.

Essere donna non deve penalizzarci, ma di per sé non è neanche un merito, guai a scordarlo.

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