Politica

Rapidità oltre l'identità

Nel suo primo Consiglio dei ministri, il governo Meloni ha fatto scelte nel segno della discontinuità, dell'emergenza e delle scadenze

Rapidità oltre l'identità

Nel suo primo Consiglio dei ministri, il governo Meloni ha fatto scelte nel segno della discontinuità (la svolta sui rave), dell'emergenza (i medici No Vax reintegrati per sopperire alla carenza di specialisti nella Sanità) e delle scadenze (quella sull'ergastolo ostativo, visto che l'8 novembre deve intervenire la Consulta e procure, tribunali e camere penali non sono in grado oggi di far fronte agli adempimenti della riforma Cartabia, che entrerà in vigore il 30 dicembre). Insomma, il governo ha scelto queste priorità sull'onda di esigenze temporali, ma comunque ha agito, quando ha potuto, marcando la sua identità di centrodestra, pardon di destra-centro. Non saranno questi temi, però, il vero banco di prova, perché l'obbligo che veniva posto quotidianamente a Draghi - cioè intervenire presto sulle bollette per famiglie e imprese - si duplica quando il compito ricade su un esecutivo politico come quello della Meloni, a capo di una coalizione che ha vinto le elezioni anche per dare una risposta a queste istanze.

Certo, il tema sarà affrontato organicamente nella legge di bilancio e già nella nota di aggiornamento al Def che il governo esaminerà forse venerdì prossimo. Per cui che l'esecutivo si sia preso del tempo per calibrare gli interventi (il Pil nel terzo trimestre ha avuto un andamento più positivo delle attese, per cui potrebbero esserci risorse aggiuntive a disposizione) ha un senso. Ciò, però, non deve fare dimenticare che la rapidità delle decisioni in questi frangenti ne determina anche l'efficacia: era così per il governo Draghi, lo è per il governo Meloni. Ecco perché sarebbe necessario dare un segnale nei prossimi giorni, perché, senza nulla togliere all'importanza di temi come la sicurezza o l'immigrazione, la fiducia degli italiani il governo se la gioca proprio su questo.

E, in fondo, la celerità delle scelte di fronte alle emergenze della crisi dovrebbe diventare un elemento distintivo del nuovo governo. Anche perché sui temi economici la via è più o meno tracciata. Difficile immaginare che la Meloni a Palazzo Chigi e Giorgetti al Mef assecondino scostamenti di bilancio, ma proprio per questo bisognerebbe annunciare fin da subito con dei fatti le linee sulle quali l'esecutivo vuole procedere: continuare la battaglia sacrosanta in Europa per creare le condizioni di una risposta comune alla crisi energetica non deve trasformarsi in un alibi (Draghi a volte ha dato questa idea) per fare poco come Paese. Motivo per cui sarebbe giusto offrire un segnale per dimostrare che un'iniziativa sulle cartelle esattoriali, malgrado gli schiamazzi della sinistra, ci sarà davvero. O, ancora, rassicurare le imprese sulla possibilità di posticipare alcune scadenze previdenziali. Oppure imporre una vera svolta sul reddito di cittadinanza: basterebbe dirottare quelle risorse in misure che valorizzino il lavoro e non un assistenzialismo fine a se stesso. Anche questa sarebbe una scelta identitaria di non poco conto.

Tutte cose che avrebbero un senso, ma l'imperativo continua ad essere quello di fare presto, perché nelle congiunture complicate ci vuole poco a perdere il credito di fiducia ricevuto dagli elettori.

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