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Dal reddito ai clandestini: la Cgil sul lavoro ha le sue colpe

In un'intervista a Repubblica, il segretario della Cgil Maurizio Landini giunge alla conclusione che "in Italia domina lo sfruttamento del lavoro e un modello di sviluppo basato sugli interessi del profitto"

Dal reddito ai clandestini: la Cgil sul lavoro ha le sue colpe

In un'intervista a Repubblica, il segretario della Cgil Maurizio Landini - partendo dai recenti casi della funivia senza freni del Mottarone, dell'orditoio manomesso che ha ucciso Luana e del camionista che ha investito un sindacalista a un picchetto - giunge alla conclusione che «in Italia domina lo sfruttamento del lavoro e un modello di sviluppo basato sugli interessi del profitto» e che questa condizione «mette a rischio la tenuta della democrazia». Landini fa il suo mestiere, ma nella sua ricostruzione qualcosa non torna.

1) I tragici casi che hanno scosso le coscienze sono usati a esempio di come il sistema capitalistico sia diventato talmente feroce e disumano da portare all'omicidio in nome del profitto. In realtà, se uno stacca i freni o investe un manifestante è un delinquente, o quantomeno un irresponsabile, un caso da codice penale, non il frutto di un sistema economico.

2) Quando Landini parla di un'Italia in cui «il lavoro è disprezzato» non ha torto. Ma disprezzato da chi? Ovviamente da padroni e padroncini, sempre sfruttatori, sempre evasori, da tartassare di imposte e burocrazia. Ma c'è anche un'altra categoria che disprezza il lavoro: la classe politica assistenzialista che ha votato e imposto il reddito di cittadinanza, un sussidio che svilisce l'occupazione. E anche chi lo incassa senza cercare un impiego. Se quelle risorse dello Stato fossero state destinate ad alleggerire le tasse sul reddito, o in incentivi alle aziende che assumono, il lavoro in generale ne avrebbe beneficiato. Invece si è scelto di elargire mance e aspettare di mietere consensi elettorali clientelari.

3) In tutto questo, il sindacato non è un attore capitato sulla scena per caso. Va dato atto a Landini che queste cose le ripete dai tempi della Fiom e, se forse difetta di obiettività, di sicuro non manca di coerenza. Però Cgil, Cisl e Uil non arrivano da

Marte: hanno perso mezzo milione di iscritti in due anni (la Cgil nel biennio 2016-2018 ne ha persi 285mila). Una crisi di credibilità ed efficacia dovuta anche alle battaglie scelte. Per esempio, le crociate a favore dell'immigrazione (anche irregolare) e dei diritti Lgbt sono temi «di sinistra», ma al sindacato sarebbe richiesto di fare il sindacato, non la Ong. Inoltre, la sola Cgil conta 3 milioni di pensionati su 5 milioni di iscritti: di certo non si può dire che disprezzi il lavoro, ma se rappresenta soprattutto chi non lavora è un problema.

4) Infine, il tema della tenuta democratica. Non c'è dubbio che la pandemia abbia eroso il potere di acquisto dei salari e che l'aumento della povertà sancito dall'Istat (a proposito, il reddito grillino non avrebbe dovuto abolirla per legge?) incrini la coesione sociale. Ma mettere in discussione la tenuta democratica significa di fatto giustificare potenziali tensioni e rivolte dal sentore rancido di autunno caldo e anni di piombo. Sono toni che non aiutano la soluzione di una questione gigante ed epocale. Un sindacato propositivo e meno ideologico sarebbe una risorsa; uno che minaccia eversioni imminenti è un ulteriore problema.

Si spera non diventi epocale come in un passato non lontano.

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