Coronavirus

Regina di coraggio dalla guerra al Covid

Non è solo una corona. Le luci dell'albero di Natale alle spalle, la foto del marito sulla scrivania, i capelli bianchi, il vestito viola e quel volto che da una vita batte il tempo di una sterlina d'oro.

Regina di coraggio dalla guerra al Covid

Non è solo una corona. Le luci dell'albero di Natale alle spalle, la foto del marito sulla scrivania, i capelli bianchi, il vestito viola e quel volto che da una vita batte il tempo di una sterlina d'oro. Non conta la Brexit. Non adesso. La regina Elisabetta non parla soltanto alla Gran Bretagna o dentro i confini di un impero che non c'è più. È da tempo nell'immaginario del mondo, perché ha superato il Novecento, qualche volta assecondandolo, altre camminando controvento, per arrivare con i suoi 94 anni fino a qui, alla fine di questo 2020, una quaresima lunga un anno.

Non è andata a Sandringham come sempre. Niente Scozia. È un Natale diverso. È rimasta a Londra, nel castello di Windsor, con Filippo e senza figli e nipoti. È da lì che ha parlato e le sue parole hanno qualcosa di forte, di semplice e antico, di rassicurante. Forse perché in questi tempi naufraghi c'è il desiderio di affidarsi a una certezza, qualcosa di stabile e radicale, una figura ancestrale che ti sussurra di non avere paura del buio. La regina è una nonna che parla a tutti. Per un momento quel volto non è un'illusione di cartapesta o parole retoriche, un'immagine remota ed anacronistica, ma sa di vero. Il suo messaggio in fondo si può riassumere in due parole: niente paura.

La paura è un sentimento insidioso. Non averne è da stolti e un tanto di paura ti dona saggezza, solo che quando in giro ce n'è troppa corrode l'umanità, la fa impazzire; dissacra, calpesta, genera rabbia, rancore e violenza, manda in frantumi le civiltà e rinnega ogni istinto di libertà. La paura urla e pretende ordine e sicurezza e non bada ai costi. La paura oscura il futuro.

La regina lo sa. «Molti adesso saranno tristi. Alcuni sono in lutto per la perdita dei propri cari, altri sono lontani da chi amano e ciò che vorremmo davvero per Natale è un semplice abbraccio o una stretta di mano. A tutti allora dico: non siete soli». Il bello di questo discorso è che non giudica. Non fa la predica. Non ti indica i tuoi peccati. Non ti dice che se le cose andranno male la colpa è tua. Non ha l'indice puntato verso le debolezze umane. Non dice: tutto dipende da voi. «In questi giorni abbiamo l'abitudine di accendere le luci, perché la luce porta speranza». Ti ricorda che dobbiamo imparare a fidarci gli uni degli altri, che il prossimo non è il tuo nemico. «La gentilezza degli sconosciuti». Il contagio non è un buon motivo per rinnegarsi. «Ci siamo avvicinati, anche se tutto questo ci ha tenuti distanti. Sono così fiera e commossa per questo spirito quieto e indomito con cui abbiamo affrontato le sfide. Anche nelle notti più buie c'è ancora la speranza di un'alba nuova».

È la stessa speranza del 13 ottobre 1940. La principessa Elisabetta ha 14 anni e parla per quattro minuti dalla radio a tutti i bambini del Commonwealth. È il primo anno di guerra e molti si sono ritrovati soli, sfollati, sbandati. «A centinaia avete dovuto lasciare le vostre case e siete stati costretti a separarvi dai vostri genitori. Io e mia sorella Margaret vi siamo vicine...». La guerra durerà ancora a lungo, ma un giorno finirà. «Tutti noi sappiamo che alla fine tutto andrà bene. E quando arriverà la pace ricordate che sarà compito vostro, voi ragazzi di oggi, rendere il mondo di domani un posto migliore e più felice. Buonanotte, bambini. Buonanotte e buona fortuna a tutti voi».

Sono passati 80 anni da allora e il mondo non sarà esattamente come uno lo sognava a quattordici anni. Non c'è dubbio, però, che quella generazione si sia rimboccata le maniche. Ha ricostruito pietra su pietra un futuro dalle macerie. Ha cercato di immaginare qualcosa di diverso, sbagliando, cadendo, sfiorando la catastrofe e ritrovando un equilibrio, una trama, una storia. Si è ritrovata ad incarnare un canone, quello della democrazia liberale, che diamo per scontato, ma è qualcosa di fragile, un'anomalia nella lunga avventura dell'umanità. È imperfetto e non assomiglia certo al paradiso, ma le alternative finora sono state peggiori. Una cosa è certa: non si costruisce il futuro sulla paura.

Lo ricorda una signora di 94 anni: la leggendaria regina d'Inghilterra.

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