Cronache

"La Repubblica sono io": ogni italiano ha il diritto-dovere di affermarlo

"Fragile, maneggiare con cura". Se custodissimo questa lezione, negli anni a venire sarebbe più naturale e più semplice contrastare la violenza verbale, fisica e psicologica

"La Repubblica sono io": ogni italiano ha il diritto-dovere di affermarlo

Il 25 Aprile è il giorno della festa della liberazione dal nazifascismo. Ricordiamo l’Italia raggiante per la fine di un incubo. Come non mai oggi tutti avvertiamo il bisogno della libertà e quindi il valore aggiunto delle ricorrenze. Queste sono necessarie perché ci obbligano a fare un pit-stop (la corsa della vita quotidiana ce lo impedirebbe) e cosi, tornando ai fondamentali, come per il 25 Aprile, ritroviamo le radici della nostra Repubblica e di ciascuno di noi, particolarmente in questi tempi di pandemia.

Il Covid, come tutte le tragedie, ci ha resi più vulnerabili; dobbiamo attraversare questo senso di smarrimento, di paura per il futuro, reazioni collettive che fino al 23 febbraio 2020 erano impensabili. Non si può liquidare tutto con “dopo la pandemia ci vorrà uno psicologo”. Per carità, non lo escludiamo. Ma anzitutto l’essere umano è un unicum complesso, formato da testa e cuore, da una storia, da un presente e da un futuro. Questa certezza serve per noi, ma anche nell’approccio all’altro. Ci aiuta a fermare il giudizio, ci apre al rispetto, alla custodia, del creato come del fratello in umanità. Si parla tanto di custodia, eppure il nostro linguaggio violento, divisivo, racconta un’altra storia. Il covid ci richiama ad una prima verità… “Fragile, maneggiare con cura”.

Se custodissimo questa lezione, negli anni a venire sarebbe più naturale e più semplice contrastare la violenza verbale, fisica e psicologica. Non servirebbero farmaci e terapie. Ma ciò, evidentemente, domanda la capacità di uscire dal proprio individualismo che ci fa sentire l’ombelico di un mondo limitato. Questo esasperato individualismo ci ha resi tutti quanti più egoisti e più isolati. Il bisogno più grande che abbiamo avvertito in tempi di covid era quello della socialità, di uscire di casa, di incontrarci, di parlarci…senza mascher…ina. Pur di non scendere in profondità, tornando alle radici, ci siamo limitati a stigmatizzare i fenomeni, liquidandoli con una procedura e una terapia. Ecco, il covid ci ha ricordato che un approccio autentico all’umano domanda la necessità di misurarci con il dovere. Infatti il diritto di socialità non esiste senza il rovescio della medaglia: l’impegno alla prossimità. Faccio qualcosa per te, perché senza di te non sono felice.

Il terzo bisogno è quello della libertà. Ci siamo detti che non si può governare a furia di costrizione. Ma la libertà non è semplicemente faccio quello che voglio, liberi tutti. E’ la libertà che apre necessariamente alla responsabilità personale, che apre alla corresponsabilità. Fantastico, allora: le misure di sicurezza non sono più semplicemente una norma oppressiva, un coprifuoco. Quella mascherina, quel gel, quell’attenzione diventano il segno della corresponsabilità.

Penso ai nostri giovani che sono sempre più lontani da quel 25 Aprile 1945. I vostri nonni non hanno vissuto quel giorno, ne hanno letto nei libri di storia, così i vostri genitori e cosi voi. Una fotografia sbiadita in bianco nero che appare preistoria, le frecce tricolori come un ricordo coreografico. Forse l’ansia di globalizzazione stona con il tricolore? Eppure sono quei fondamentali che ci rendono cittadini Europei, propostivi e costruttivi figli del mondo post covid…

Voi ragazzi del secondo millennio avete sicuramente vissuto il covid come una tragedia, che ha lasciato macerie; così come i miei bisnonni, voi, noi, siamo chiamati a costruire sulle macerie, non di una guerra distruttiva, ma di un individualismo esasperato che ha tradito la nostra socialità fatta di prossimità e libertà. Ecco, ragazzi, il mio augurio per voi in questo 25 Aprile: Sapere aude, abbi il coraggio di conoscere, di scendere nel profondo della notizia, del racconto, della circostanza, della vicenda, vai oltre i titoli. Ripartendo dalla cultura, che è “presa” sulla realtà, riusciremo a ricostruire l’Italia su tre parole: Prossimità Libertà Corresponsabilità, che sono le radici del nostro tricolore. Ho scelto di tenerlo dove lavoro proprio dall’inizio del covid, perché quando le ferite non saranno più fresche, e saremo tutti vaccinati, lo sguardo sul tricolore mi ricordi che anch’io devo continuare a fare la mia parte per un Paese più giusto, più equo, per una Repubblica che rimuove gli ostacoli e le discriminazioni.

E la Repubblica sei tu, io, noi, nessuno escluso.

Commenti