La retromarcia di Mediobanca che suona come una sconfitta

È accaduto che il vertice di Piazzetta Cuccia ha deciso di buttare la palla in tribuna rinviando al 25 settembre l'assemblea convocata per approvare l'Ops, onde evitare uno smacco che sicuramente ne avrebbe minato la credibilità

La retromarcia di Mediobanca che suona come una sconfitta
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Alla fine, tutti i veli stanno cadendo, ma nel modo meno nobile. Così, se dieci giorni fa i portavoce di Mediobanca descrivevano come «plateale conflitto d'interessi» (accusa rivolta al gruppo Caltagirone) la richiesta di rinvio dell'assemblea per avere più chiarezza sugli obiettivi aziendali, nel giro di un week end quella richiesta è diventata una giusta mozione che merita attenzione nel rispetto dei diritti degli azionisti. Che cosa è accaduto di tanto clamoroso rispetto ad allora, al punto da far ruotare di 180 gradi l'opinione del management di Piazzetta Cuccia?

Di sicuro non si tratta di spontaneo garbo societario, vista la violenza dello scontro che, tanto per cambiare, alle strette e senza più argomenti di mercato, vede scendere in campo la magistratura sollecitata (sempre dagli stessi) con motivazioni quantomeno pretestuose. E non sarà certo la decisione delle Generali di avviare l'analisi sull'Ops della controllata Banca Generali che ha determinato il cambio di rotta: motivazione in sé alquanto risibile. Dunque? Ciò che ai più può sembrare inverosimile è invece la semplice e pura verità: è accaduto che, messo all'angolo perché la pre-conta dei voti lo darebbe perdente (e non di poche lunghezze), il vertice di Piazzetta Cuccia ha deciso di buttare la palla in tribuna rinviando al 25 settembre (vale a dire tra quasi quattro mesi) l'assemblea convocata per approvare l'Ops, onde evitare uno smacco che sicuramente ne avrebbe minato la credibilità e probabilmente bruciato per sempre il progetto di scalata alla controllata delle Generali.

Di là del fumo della nota ufficiale, questo è dunque accaduto: altro che garbo societario nel rispetto del diritto dei soci, altro che lamentare le accuse di ostruzionismo che sarebbero partite da queste colonne (che poi di ostruzionismo qui non si è mai parlato, bensì di una sorta di voto di scambio legato ai trattamenti preferenziali concessi a fondi e a investitori istituzionali). Come dovremmo valutare la decisione presa ieri dal cda di Mediobanca, se non una forma di ostruzionismo? Non è forse quello un modo - legittimo fino a prova contraria - per impedire che gli azionisti possano esercitare il loro voto sull'operato degli amministratori, perché questi temono di perdere?

Merita anche sottolineare che secondo un'opinione pressoché generale, il confronto assembleare è stato fortemente sollecitato dal management soprattutto per tentare di minare sul nascere l'Ops lanciata da Monte dei Paschi su Mediobanca stessa, che allo stato sembra avere non poche possibilità di successo.

I prossimi giorni ci consentiranno di completare i nostri ragionamenti alla luce degli effetti di questa decisione sul mercato, dove le manipolazioni sulle quotazioni dei due istituti non mancheranno, approfittando anche dell'indagine aperta dalla magistratura milanese resa nota, come per incanto, nei tempi canonici. Ora tocca alla Consob.

Osvaldo De Paolini

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