Rimini, retroscena sullo stupro: "Dopo la violenza i maghrebini ridevano tra di loro"

La turista polacca stuprata da un branco di maghrebini ha svelato un retroscena terribile di quella notte di violenza: dopo aver abusato del suo corpo, gli stupratori ridevano e si scambiavano pacche sulle spalle

Rimini, retroscena sullo stupro: "Dopo la violenza i maghrebini ridevano tra di loro"

La violenza del branco che ha picchiato, stuprato e derubato una coppia polacca e un transessuale a Rimini la si percepisce chiaramente nei racconti delle vittime. Botte, violenza carnale e poi la rapina: un modus operandi che si è ripetuto due volte nella notte tra venerdì e sabato sul litorale riminese ai bagni 130. La turista polacca è ancora sotto choc, ma proprio la sua testimonianza sottolinea ulteriormente l'assenza di pietà dei suoi carnefici.

Il retroscena dopo lo sturpo

La giovane più volte ha chiesto ai medici e ai poliziotti che l'hanno sentita: "Per favore, non fate il mio nome, non voglio essere riconosciuta". Nei suoi racconti il dolore e la sofferenza sono palpabili. Come riporta Il Messaggero, la ragazza ha anche racconto gli istanti successivi alla terribile violenza sessuale di gruppo.

Dopo aver abusato del suo corpo su un pattino l'hanno gettata in acqua, come si fa con un oggetto senza vita. "Ridevano e si davano grandi pacche sulle spalle.

Quando finalmente se ne sono andati, il mio primo pensiero è stato vedere come stava il ragazzo che era con me. L'ho visto riverso a terra, con il volto dentro la sabbia. Data la furia con cui l'avevano picchiato davanti a me, ho tenuto che fosse morto".

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