Quando si comincia a parlare di «rimpasto», e in questi giorni se ne parla sempre di più, significa che un governo è nell'anticamera della crisi. A questa regola non si sfugge, anche se per ora si tratta di voci sussurrate, pettegolezzi, desideri spacciati per realtà, schermaglie tattiche tra alleati. Che la politica sia anche questo ci sta, il problema è che oggi si è ridotta solo a questo con un effetto paralizzante per l'attività del governo e del Parlamento.
Quando si sente girare per i palazzi il profumo delle poltrone gli appetiti si svegliano. Ma questa volta, dovessi scommettere, non ci sarà alcun rimpasto: bianco o nero, vita o morte del Conte due. Troppo deboli sono infatti il premier, il governo per permettersi il lusso di avventurarsi nella foresta. Il rimpasto è il tagliando che si possono permettere maggioranze solide che, strada facendo, ritengono di cambiare qualche pezzo logorato e lo fanno senza correre alcun rischio di non ripartire. Non è questo il caso. Il governo Conte è un castello di carte, ne sfili una fosse anche quella dell'ultimo sottosegretario - e vien giù tutto. L'alternativa è aprire una crisi formale, ma questo può succedere solo per un incidente di percorso come accadde a Prodi nel 2008, tradito da un mancato voto di fiducia di Franco Turigliatto, oscuro senatore di Rifondazione Comunista. Può succedere, certo, ma anche qui non è aria, non è questo un Parlamento sia tra le fila della maggioranza che dell'opposizione disposto a immolarsi su questioni di principio o di bandiera.
Assisteremo quindi per mesi a ultimatum rettificati in corsa, a penultimatum che poi scompaiono dall'agenda come se nulla fosse, in cambio di qualche briciola di potere, il più delle volte pure inconfessabile.
Dobbiamo farcene una ragione: la forza di questo governo sta nella sua debolezza, l'unico collante è arrivare in qualche modo insieme all'elezione del capo dello Stato della primavera 2022. Il potere non indietreggia mai, se non in presenza diceva il saggio leader afroamericano Malcom X - di un potere più forte di lui. Un qualcosa che, al momento, da quelle parti, non si vede neppure all'orizzonte.
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