Rischio "evoluzione negativa": attenti a queste spie

Età avanzata, tosse grassa e malattie concomitanti sono i campanelli d'allarme per un decorso più difficile se colpiti dal Covid-19: ecco cosa dice lo studio della Società Italiana di Medicina Interna

Rischio "evoluzione negativa": attenti a queste spie

Ci sono determinati casi in cui il Covid-19 può colpire con violenza: l'evoluzione negativa della malattia non dipende soltanto dalla sfortuna o dal Dna, ma da fattori di rischio che possono predisporre ad una maggiore vulnerabilità se attaccati dal Sars-Cov-2. Ecco perché è bene quali possono essere queste "spie" da tenere sotto controllo.

Quali sono i fattori di rischio

Uno studio della Simi (Società Italiana di Medicina Interna) condotto su oltre 3mila pazienti infettati dal Coronavirus e ricoverati in 41 grandi ospedali italiani durante la prima ondata pandemica, quando l'Italia ha avuto il secondo maggior numero di casi Covid al mondo dopo la Cina e un tasso di mortalità fra i più elevati, ha messo in luce come età avanzata, tosse grassa, malattie concomitanti come cardiopatie o Bpco, cioè la compromissione polmonare con necessità di supporto respiratorio, sono alcune delle spie in presenza delle quali è possibile presupporre un'evoluzione negativa del Covid-19. Il lavoro è stato pubblicato su Internal and Emergency Medicine dove i ricercatori hanno delineato quali sono alcuni elementi che permettono di prevedere l'evoluzione clinica della malattia e l'esito finale per ogni singolo paziente.

Ecco le "spie" sull'evoluzione della malattia

I ricercatori hanno analizzato tutti i sintomi ed i segnali precedenti al ricovero, presenti al momento del ricovero e nel corso della degenza ospedaliera oltre a numerose altre informazioni quali dati demografici, comorbidità, disfunzioni d'organo, terapie, durata della degenza ospedaliera, eventuale ricovero in unità di terapia intensiva ed exitus intraospedalieri. In un primo momento, quando i pazienti si trovavano ancora al loro domicilio, la febbre era il sintomo più frequente ma non per il 30% dei pazienti over 80 e per il 40% degli ultra 90enni, per i quali c'erano anche un altro sospetto clinico pur in assenza di febbre. "Tra i diversi sintomi iniziali, la tosse produttiva" o tosse grassa, "indicativa di coinvolgimento del tratto respiratorio inferiore e/o di superinfezione batterica, è risultata associata a una prognosi infausta, così come, tra i fattori preesistenti, il numero di farmaci assunti a domicilio e il numero di co-patologie: tra queste ultime, quelle con la più elevata capacità predittiva di exitus sono risultate l'insufficienza cardiaca cronica e la malattia polmonare ostruttiva cronica (Bpco)", hanno spiegato i ricercatori all'AdnKronos.

Il ruolo delle comorbidità

I fattori che possono portare, invece, ad una tale gravità della malattia da essere necessario il ricovero ospedaliero, sono legati al numero delle comorbidità, quindi la presenza di una o più patologie: l'aiuto dell'ossigeno si è reso necessario in una percentuale compresa tra il 60% fino al 90-100% in quei pazienti che presentevano sei o più patologie. "A questo proposito - affermano gli internisti - lo studio ha anche dimostrato che la normale supplementazione di ossigeno non ha dato benefici significativi nei pazienti con un deficit respiratorio più grave. In questi ultimi, tanto più precoce è stato invece l'uso della ventilazione meccanica non invasiva, quanto migliore è stata la prognosi finale". La Simi ha promosso e progettato lo studio per registrare e analizzare tutti gli elementi clinici disponibili "per poter prevedere la traiettoria clinica dei pazienti ospedalizzati con Covid-19 e meglio indirizzare l'assistenza medica e gli interventi terapeutici", ha affermato Antonello Pietrangelo, Presidente della Società Italiana di Medicina Interna.

L'importanza dello studio

"Questo studio, l'unico ad aver analizzato una così vasta casistica di pazienti Covid-19 ricoverati e gestiti interamente nei reparti di Medicina - aggiunge Pietrangelo - ha il pregio di aver indicato i principali segnali di allarme da cogliere al'ingresso dei pazienti in ospedale, per poter indirizzare oggi sia le decisioni cliniche che l'allocazione delle risorse, ed essere in grado di agire tempestivamente e prevenire l'evoluzione infausta della malattia".

Infatti, ancora oggi, coloro i quali arrivano in ospedale e vanno incontro ad un decorso ospedaliero più complicato, sono i pazienti che presentano più patologie. "Quelli per cui, giustamente, il Governo ha indicato oggi una priorità nel piano di vaccinazione", conclude.

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