Coronavirus

"Rischio una trombosi...". Ma all'hub viene cacciata via

Lo specialista sconsiglia il vaccino, per il medico vaccinatore non ha diritto all’esenzione. "Invece di rassicurarmi mi sono sentita aggredita"

"Rischio una trombosi...". Ma all'hub viene cacciata via

M. ha l’iperomocisteinemia indotta dalla mutazione MTHFR C677T in omozigosi e della variante allelica 4G e 5G del gene PAI-1. Tradotto: convive con il rischio di tromboembolismo venoso, infarto del miocardio e perdita precoce in gravidanza. Un quadro clinico giudicato dalla specialista che segue M. da dieci anni come incompatibile con gli eventuali, seppur rari, effetti collaterali del vaccino anti-Covid.

“L’11 febbraio - racconta M. a ilGiornale.it - vado all’hub vaccinale presso il Palazzo delle Scintille di Milano con l’esito scritto del parere della mia ematologa e la documentazione clinica pronta a mostrare il tutto al medico incaricato di effettuare l’anamnesi”. Ma per il medico vaccinatore il certificato dell’ematologa è solo “un pezzo di carta senza alcun valore”. “Lo specialista - continua M. - avrebbe dovuto indicare espressamente che la vaccinazione era controindicata e non semplicemente un rischio. Poi, mi viene detto che in base alla circolare del ministero della Salute tromboembolismo e trombofilia non sono fattori di rischio e l’unica condizione che viene valutata per un’eventuale esenzione è l’anafilassi a seguito della somministrazione di una dose del vaccino”.

Disorientata dal parere contrario a quello espresso dalla dottoressa che l’ha in cura, M. chiede le vengano scritte queste informazioni per riportarle in modo corretto. Alla parola ‘scrivere’ i toni si accendono. “Mi sento dire ‘io sono un medico legale e la mia deformazione professionale è eseguire gli ordini, è responsabilità del medico specialista fornire l’onere della prova e non dell’hub vaccinale’. Onere della prova? Stiamo scherzando? Non siamo a un processo!”. Scioccata dalla reazione eccessiva, chiede di parlare con il direttore dell’hub. “Perché - nota M. - il documento che si firma per il vaccino si chiama ‘consenso informato’, non a caso. E io di informazioni ne stavo ricevendo poche e vaghe”.

Certificato ematologa
Il certificato rilasciato dall'ematologa

Sotto gli “occhi sospetti” del personale medico e dopo essere stata fermata da due carabinieri, riesce a entrare nell’ufficio del direttore dove si vede chiudere letteralmente la porta in faccia. “Invece di accogliermi, mi ha intimato di uscire. L’unica possibilità di parlare con lui era tornare accompagnata dal medico che aveva effettuato l’anamnesi iniziale”. Dopo quasi un’ora di attesa il direttore conferma che tromboembolismo e trombofilia non sono fattori di rischio, per cui non era necessaria alcuna delucidazione. Alla richiesta di rilasciarle un riscontro scritto, M. si sente rispondere che è sufficiente quanto detto a voce, che quella non è una visita e che comunque se cerca su Internet trova tutto. “Peccato - commenta M. - che su internet si trovino anche teorie cospiratrici e fake news e che quella conversazione non stesse avvenendo al tavolino di un bar, ma nel maggiore centro vaccinale della Regione Lombardia”.

Al di là delle motivazioni cliniche, a sconcertare M. è però l’atteggiamento per nulla empatico da parte degli stessi medici che stando al Giuramento di Ippocrate dovrebbero “promuovere l’alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione”. “In fin dei conti, sono solo una paziente disorientata di fronte a pareri medici discordanti rispetto a una scelta così importante per la mia salute.

Ma come può una persona non esperta fidarsi di chi, invece di spiegare, rassicurare e prendersi cura, ha un atteggiamento aggressivo?".

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