Scatti dall'estate di una volta In vacanza ci andavamo così

Viaggiare sì, ma nel tempo tra le vacanze di una volta: l'iniziativa estiva del Giornale attraverso le fotografie tratte dall'archivio storico del Touring Club Italiano

Scatti dall'estate di una volta In vacanza ci andavamo così

E se quest'anno le vacanze le passaste con noi del Giornale? Piano, non dovete disdire la masseria in Puglia o la Croazia, non siamo così crudeli da invitarvi in via Negri, che in quanto ad acqua azzurra, paesaggio e frescura lascia un po' a desiderare. No, quest'estate vi proponiamo due mesi in compagnia delle nostre firme, in un viaggio che promettiamo lieve, romantico e rétro alla ricerca delle estati perdute.

Da oggi - per ogni sabato e lunedì di luglio (...)

(...) e agosto - parte un safari sentimentale indietro nel tempo, tra le istantanee dal secolo breve delle vacanze lunghe. Racconteremo l'Italia attraverso le fotografie tratte dall'immenso archivio del Touring Club Italiano, vera cornucopia di ricordi e testimonianze. Dalle scampagnate di inizio Novecento alle colonie fasciste, fino alla villeggiatura durante il boom; dai campeggi aziendali in Valmalenco alle riviere ligure e romagnola, un percorso per rivivere un mondo che merita di non essere dimenticato.

Perché se è vero che l'autunno è malinconico, nessuna stagione è nostalgica come l'estate. L'estate in Italia è una parentesi irrinunciabile per legge non scritta, il tempo sacro in cui tutti depongono l'armatura e sono se stessi al quadrato, caciaroni o riservati, goderecci o depressi. C'è chi la odia per la sua civettuola, appiccicaticcia vacuità («riesco ad annoiarmi benissimo anche senza», dice spesso Vittorio Feltri) e chi ne esalta sapori e amori, «densi climi e grandi mattini». Ma l'estate - e le vacanze estive di riflesso - resta impressa nella memoria di ciascuno come una madeleine multisensoriale. Tutti ricordiamo l'estate migliore della nostra vita e tutti speriamo prima o poi di riviverla, magari anche solo riguardando quella foto in cui la pettinatura col senno di poi era un disastro, ma il sorriso era sincero.

Ecco, oggi la dimensione poetica si è un po' perduta tra edonismi e selfie. L'estate porta con sé un ronzio frenetico di prenotazioni on line, ricerche su Tripadvisor e battute di caccia all'appartamento su Airbnb. Il turismo è una branca dell'economia e un ministero, il turismo è aliquote e statistiche, il turismo - diceva Stevenson - è cinicamente «l'arte della delusione». Ma le estati italiane sono state e sono anche altro e le fotografie raccolte dal Touring lo illustrano alla perfezione. Sono state veicolo di modernità e libertà di movimento popolare con auto, moto e treno. Sono state occasioni di conoscenza e cultura per connazionali e stranieri. Sono state minuscole belle époque ricorrenti che sospendevano angosce, crisi e governi Dc. Sono state un mito collettivo che ha ridefinito il costume (non solo quello da bagno) e l'identità nazionale fin dall'«invenzione» del tempo libero con il Dopolavoro fascista. Sono state rivoluzione sessuale col bikini, crogiolo di classi sociali, topos letterario e cinematografico da Goldoni ad Arbasino, da Capri alla Dolce vita fino a Sapore di mare e Basilicata coast to coast. La Costituzione andrebbe riscritta: siamo una Repubblica fondata sulle ferie estive.

Per questo risalire nel tempo, seguendo il filo dei Ferragosto che furono, è scoprire l'anima più profonda di un Paese di pellegrini e viaggiatori, villeggianti e buone forchette, camminatori e sportivi. Basta la foto di una tenda in spiaggia, di una Seicento e di una bimba con le pinne per ricordarci che il turismo sarà pure consumo e banalità, ma in fondo è il teatro quotidiano della vita nella sua sfumatura più leggera. E continuerà a esserlo anche nell'era dei selfie.

Quando, a fine Ottocento, il fondatore del Touring Luigi Vittorio Bertarelli girò la Sicilia in bicicletta, scrisse che gli pareva di essere finito tra le pagine dei Promessi sposi. Oggi, davanti alle foto delle comitive di italiani in gita nel 1914 in Tripolitania, proprio da dove ora fuggono milioni di disperati, ci pare di essere finiti in un romanzo distopico. È il fascino immutabile del trovarsi drammaticamente di fronte ai segni del tempo che passa. Là dove oggi si va in montagna in shorts e canottiera ultratecnica, nel 1910 si andava in abito di fustagno e cravattino; là a Lodi, dove oggi in vacanza non vanno neanche le rane, un tempo c'era una colonia elioterapica di bambini entusiasti.

Ammirare e raccontare quelle foto, eredità di un'Italia che imparava nell'evasione e nel piacere a essere una vera nazione, è il grand tour al quale invitiamo voi lettori, il nostro tributo a chi - come il Touring Club - ha saputo raccogliere le prove di quello che eravamo davvero. Perché in un Paese dove a giugno ci si dà appuntamento per settembre nulla è più serio, autentico e patriottico delle vacanze.

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