L'Unione Europea, senza prese di posizione contrarie almeno in questa fase, ha aperto le porte all'Ucraina e alla Moldavia. Per entrambi i Paesi è pronto lo status di candidati all'ingresso nell'Unione. Una decisione storica, per nulla scontata, conseguenza ineluttabile proprio della guerra scatenata da Putin. L'Europa non può esprimere solidarietà all'Ucraina, inviare armi, cimentarsi in discorsi sul valore della democrazia o in difesa dell'autodeterminazione dei popoli, eppoi tirarsi indietro quando Kiev chiede di entrare in un'organizzazione di Stati che la garantisca, che offra un ombrello internazionale. Un rifiuto ora per l'Unione significherebbe perdere la faccia e, soprattutto, rinunciare a quel ruolo sullo scenario internazionazione a cui aspira, sia pure tra tentennamenti e dubbi.
Si tratta di una decisione di non poco conto che ha visto l'Italia - per merito di Mario Draghi - in prima linea. Una scelta che magari dando più sicurezza a Zelensky potrebbe forse spingerlo a valutare la possibilità di concedere territori alla Russia per porre fine al conflitto. Anche perché la prospettiva dell'ingresso dell'Ucraina nell'Unione è il vero colpo, forse il più duro, alla politica dello Zar. È la dimostrazione di quanto sia fallimentare la strategia dell'aggressione. La guerra, infatti, ha spinto un pezzo di Russia - per usare la narrazione di Putin - ad entrare in Europa. E ancora: con l'approdo di Ucraina e Moldavia nell'Unione, non c'è Paese confinante con l'Impero (ad eccezione della Bielorussia, ormai Stato-vassallo di Mosca) che non sia dentro un'organizzazione internazionale di stampo occidentale, dalla Ue alla Nato. Non ci sono, quindi, più agnelli da azzannare per l'orso russo, che qualora perseguisse ancora nella sua politica espansionistica dovrebbe mettere nel conto la risposta di Bruxelles e, per via indiretta, della Nato. Inoltre sia l'Ucraina, sia la Moldavia erano parte integrante dell'ex-Urss, quindi il sogno dello Zar di ripristinare quella realtà passata, di riportare indietro le lancette dell'orologio ormai è infranto. Una vera débâcle, tant'è che gli attacchi del Cremlino nei confronti dei Paesi europei, pure nel lessico, si sono fatti - e si faranno - sempre più feroci.
Tutto questo dimostra che ne è valsa la pena, anche se l'operazione porrà dei problemi pure a Bruxelles. Quando entrerà a tutti gli effetti nell'Unione, l'Ucraina ne diventerà il Paese più esteso, addirittura più grande della Germania. Si sposterebbe, quindi, l'asse dell'Unione verso Est. Inoltre il suo status di candidato renderà più pressanti le richieste dei Paesi dei Balcani, in primis l'Albania o la Bosnia, che da tempo bussano alle porte di Bruxelles. Sono tutti elementi che in parte spiegano le riserve tedesche e francesi, rimaste sottotraccia per non rovinare una giornata a tutti gli effetti storica. Ma c'era un'alternativa? Probabilmente no.
A meno che l'Europa non
decretasse il proprio fallimento e non fosse pronta a nascondere dietro un muro di ipocrisia le proprie paure. Ecco perchè ci vorrà del tempo, magari ci saranno degli «stop and go» ma il dado è tratto. E la scelta è ineluttabile.
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